
In Italia, si sa, ci sono almeno 60 milioni di Commissari Tecnici della Nazionale, soprattutto quando si parla di calcio.
È sempre stato così, almeno fino alla mattina di lunedì 9 giugno 2025: giorno in cui ci siamo svegliati con gli Azzurri che, un Commissario Tecnico (vero), non l’avevano più. E, cosa che ha ancor più dell’incredibile per un millennial, davanti ai caffè di tutta Italia si parlava solo di tennis e di giocate come il “dritto in top”, la “volèe” e il “servizio slice”.
Il tutto grazie alle prodezze di Jannik Sinner e Carlos Alcaraz, che nella finale del Roland Garros ci avevano tenuti incollati a tv e smartphone per cinque memorabili ore, con accelerazioni fulminee alternate a morbidissime smorzate. E Chissà se, da lassù, il Maggiore Walter Clopton Wingfield avrà avuto modo di apprezzare (o forse no?!) come si è evoluto il gioco da lui stesso ideato 150 anni fa.
Dal brevetto al gioco: la nascita del tennis
Come in ogni storia di successo che si rispetti, infatti, anche il tennis nasce da un’invenzione e dal deposito di una domanda di brevetto, depositata presso l’Ufficio Brevetti Inglese, con cui il Maggiore Wingfield tutelava un kit contenente tutto l’occorrente (rete, paletti, palline e racchette) per trasformare qualunque prato delle campagne inglesi in un campo adatto al nuovo gioco denominato “lawn tennis”: una versione open-air del più antico Royal Tennis.
Il “nuovo” gioco da lì a breve avrebbe soppiantato il croquet, all’epoca molto amato dall’aristocrazia britannica (si pensi ad Alice nel Paese delle Meraviglie o ai dipinti di Manet), tanto che persino lo storico All England croquet Club cambiò la sua denominazione in All England lawn tennis and croquet Club, nome con cui è tuttora conosciuto il circolo che ospita il torneo di tennis più amato e rinomato al mondo: Wimbledon.

Figura 2 – il kit di Wingfield
Il gioco, poco più di un hobby dai gesti educati e aggraziati, è diventato oggi uno sport globale in cui l’atletismo e la potenza dei colpi sono elementi cardine: ma come è stato possibile?
Innovazione. Questa è la chiave.
La rivoluzione scende in campo con i brevetti

Renè Lacoste, noto a tutti per famose polo e solo ai più appassionati per una carriera da tennista in cui vanta ben 10 tornei del Grande Slam, ha contribuito non poco allo sviluppo del gioco. Ha progettato dispositivi “spara-palle” per l’allenamento, antenati del “drago” tanto odiato da Andre Agassi nella sua infanzia, ed una sfilza di racchette, tra cui la prima a telaio metallico, i cui diritti (es. brevetto DE1195210 del 30.03.1960) sono stati poi concessi in licenza all’azienda statunitense Wilson Sporting Goods Inc., da allora leader mondiale proprio nella produzione di racchette.

Oppure Howard Head, fondatore dell’omonima azienda (sì, quella Head), e pur tuttavia divenuto famoso nel mondo della racchetta con un altro marchio, dopo aver abbandonato l’azienda che portava il suo nome per accasarsi alla Prince Manufacturing Inc. Qui Head ha sviluppato il primo “racchettone” in alluminio, brevettandolo in data 10.09.1975 (US 3,999,756) e lanciandolo sul mercato con il nome Prince Classic.

E poi nuovamente la Wilson, imparata la “lezione” di Lacoste, non ha mai smesso di investire e ricercare soluzioni per ottimizzare le prestazioni dei propri attrezzi, sconvolgendo nuovamente il mercato negli anni ’80, dopo essersi nuovamente accaparrata i diritti di sfruttamento da un altro geniale inventore, certamente meno noto di Lacoste ma con intuizioni altrettanto dirompenti: il Professor Sigfried Küebler, inventore e titolare di numerosi brevetti (EP 0 176 021 del 22.09.1984) che Wilson ha acquistato per sviluppare la famigerata “Kuebler Resonanz”, racchetta con cui qualunque giocatore della domenica, quale il sottoscritto, ha potuto cimentarsi in colpi di potenza notevole (sulla precisione, tralasciamo…).
Palline e scarpe hi-tech per prestazioni sempre più elevate

Ma le racchette sono solo una delle componenti. E le palline? I primi brevetti risalgono agli inizi del secolo scorso, depositati da Dunlop, Spalding, Slazenger, fino ad arrivare ai giorni nostri con Bridgestone, Wilson (ancora!) e Sumitomo.
Oppure le scarpe: quelle usate da Fred Perry o Lacoste non consentirebbero a Sinner&Co. di scattare e scivolare per il campo senza subirne le conseguenze, ma anche in questo campo la tecnologia e l’innovazione, opportunamente protetta, hanno supportato, e forse guidato, l’evoluzione dello sport che oggi è indubbiamente tra i più seguiti e praticati al mondo.
Il marchio “Wimbledon”: quando il tennis diventa un brand
Tutti i protagonisti del circuito ATP e WTA, così come i principali tornei, sono ormai da anni dei veri e propri brand, ovviamente registrati, in grado di veicolare messaggi e commercializzare prodotti di varia natura. A partire proprio dall’ormai imminente Torneo di Wimbledon, di cui con grande lungimiranza l’All England lawn tennis and croquet Club ha registrato il marchio nel lontano 1884.
Idea, proteggi e innova: game, set and match
Da Wingfield a oggi, dunque, la storia ci insegna che l’innovazione (se protetta correttamente) può durare nel tempo. Questo poiché un’idea tutelata e protetta assume un valore che, se mantenuto e alimentato, diventa poi la chiave del suo successo in qualunque ambito, anche in quello sportivo.