Il 29 aprile 2016 la ditta “Big Food Catering Industries di Paride Cocozza” deposita davanti l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) una domanda per il marchio “Il Boss dei Panini”, chiedendone la registrazione per i servizi di ristorazione. Il nome è ironico, strizza l’occhio a un trend ormai consolidato (vedi “Il Boss delle Torte”, “Il Boss delle Cerimonie”) e serve a dire, con simpatia, “siamo bravi!”.
Il Boss dei Panini vs Boss: il caso
Ma c’è qualcuno che non ride. La nota casa di moda tedesca Hugo Boss Trade Mark Management GMBH & Co. presenta opposizione per cercare di impedire la registrazione del marchio della Big Food, invocando la possibilità di un rischio di confusione (ex art. 12 comma 1 lett. d) con il proprio marchio Boss, registrato in UE anche per i servizi di ristorazione, su cui viene fondata l’opposizione, e per cui viene inoltre rivendicata l’accresciuta capacità distintiva a seguito dell’utilizzo dello stesso marchio sul mercato.
È il 2020 quando l’UIBM, ascoltate le argomentazioni di entrambe le Parti, decide di dar ragione a Hugo Boss accogliendo l’opposizione, e rigettando la domanda di marchio. Secondo l’Esaminatore, infatti, i marchi “Il Boss dei Panini” e “Boss” sono confondibili.
Molte però le perplessità che restano, leggendo una decisione a dir poco contraddittoria: se infatti, da un lato, si ritiene che il marchio Boss non goda di un carattere distintivo accresciuto per i servizi di ristorazione, e che anche la somiglianza tra i segni – da tutti i punti di vista – sia da considerarsi medio-bassa, dall’altro si legge che per pervenire a una conclusione di somiglianza, occorre tener conto del grado di distintività dell’elemento comune (Boss); più questo è distintivo, più è elevato il grado di somiglianza per ciascun aspetto della comparazione (visiva, fonetica e concettuale).
La rivincita del Boss dei Panini: Hugo Boss non monopolizzare la parola “boss”
Big Food non si arrende: presenta ricorso alla Commissione dei Ricorsi dell’UIBM che con decisione del 18 ottobre 2021 ribalta le sorti del marchio Il Boss dei Panini, rigettando integralmente l’opposizione di Hugo Boss. Tra le altre motivazioni, la Commissione ritiene che la parola “Boss” debba essere considerata un termine d’uso comune, debole sul piano distintivo, e che l’aggiunta di ulteriori elementi (come “Il” e “dei Panini”) sia sufficiente ad evitare il rischio di confusione per il pubblico.
In sostanza, secondo la Commissione, Hugo Boss non può monopolizzare una parola così generica, ormai entrata nel linguaggio pop anche in ambito culinario, a maggior ragione non avendo dimostrato un accresciuto carattere distintivo per i servizi rivendicati dal proprio marchio.
La contro-mossa di Boss, che punta sulla “notorietà” del brand
Hugo Boss però, a sua volta, non ci sta. La casa di moda decide di interpellare i Supremi Giudici in Cassazione, anzitutto contestando il fatto che il marchio “Boss” sia stato definito un marchio debole, dal momento che nel settore food questo non può essere considerato né descrittivo né allusivo. Aggiunge poi che la Commissione dei Ricorsi avrebbe sottovalutato la “notorietà” del brand, nonché la sua natura patronimica, e che avrebbe fatto ricorso a “fatti notori” non provati, come la presunta percezione comune della parola “boss”.
Hugo Boss passa di nuovo in vantaggio: la Cassazione accoglie il ricorso. I giudici affermano che la Commissione avrebbe dovuto valutare meglio alcuni aspetti, non potendo ignorare il carattere patronimico e la possibile associazione con il noto marchio di moda, e aggiungendo persino un riferimento al rischio di agganciamento (art. 12 lett. e), ovvero: “in considerazione del fatto che il marchio successivo, senza giusto motivo, trarrebbe indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del segno anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi”.
Peccato che l’opposizione che ha dato origine al caso sia stata basata solo sul rischio di confusione tra marchi (art. 12 comma 1 lett. d), e non sulla notorietà del marchio anteriore (che, peraltro, supponiamo avrebbe potuto essere rivendicata tutt’al più per prodotti d’abbigliamento, e non per servizi di ristorazione). Pertanto, correttamente né l’UIBM né la Commissione dei Ricorsi hanno preso in considerazione la presunta notorietà del marchio anteriore.
La Commissione Ricorsi: “Nessun rischio di confusione”
La Commissione dei Ricorsi, investita nuovamente del caso a seguito del rinvio operato dalla Cassazione, prende atto dei rilievi ma conferma la propria posizione: nel marchio “Il Boss dei Panini” la parola in conflitto non verrà percepita come un patronimico, ma come prestito linguistico ironico. E soprattutto: non c’è confusione, né agganciamento, quindi possiamo pacificamente ritenere che nessuno penserebbe che Hugo Boss abbia iniziato a vendere panini.
Morale? Il 25 febbraio 2025 la Commissione dei Ricorsi conferma di nuovo che il marchio Il Boss dei Panini è salvo, e può procedere nell’iter verso la registrazione.
Ma sarà davvero finita?