Articolo pubblicato in Bugnion News n.35 (Luglio 2019)

La giornata internazionale della Proprietà Intellettuale del 26 Aprile 2019, come già riportato nell’ultimo numero di questa Newsletter, ha avuto come tema lo Sport.

Meno di due mesi dopo, ed è notizia di questi giorni, l’Italia si è aggiudicata con l’abbinata Milano-Cortina i XXV Giochi Olimpici invernali 2026. Cosa che, per altro, ci ha riempito di gioia e soddisfazione.

Ovvio che a questo punto non possiamo perdere l’occasione di focalizzarci anche noi su qual è il rapporto fra Proprietà Intellettuale e Sport.

E’ un rapporto parecchio interessante e molto variegato perché si declina lungo diverse direttrici e coinvolge aspetti diversi della Proprietà Intellettuale: da quelli legati all’innovazione degli attrezzi e dei materiali, al marketing, al diritto all’immagine degli atleti, alla pubblicità, al diritto d’autore e così via.

Fra tutti i possibili temi che collegano sport e PI quello che più risalta – e con particolare evidenza nel caso delle Olimpiadi – è il tema dell’AMBUSH MARKETING.

Vediamo quindi di capire di cosa si tratta.

Cominciamo col dire che il termine inglese, per altro derivante dall’antico verbo francese embuschier, è facilmente e correttamente traducibile in italiano con ‘marketing d’imboscata’ anche se il risultato linguistico è meno d’impatto.

Il termine fu creato Intorno alla metà degli anni 80 da Jerry Welsh, che ricopriva all’epoca la carica di Direttore Marketing di American Express. Più o meno negli stessi anni un altro esperto di marketing, Jay Conrad Levison, all’epoca Direttore Creativo di Leo Burnett, creò la definizione di Guerrilla Marketing.

Entrambi i termini, che successivamente assunsero coloriture diverse, si riferivano ad azioni estemporanee, condotte con immediatezza e che coglievano di sorpresa i consumatori.

Focalizzandoci sull’Ambush Marketing, possiamo dire che esso nasce in modo strutturato quando l’organizzazione degli eventi sportivi si lega fortemente alla moderna sponsorizzazione.

Molti vedono infatti l’inizio ufficiale di questo strumento promozionale durante i Giochi Olimpici di Los Angeles del 1984, indicati spesso come la prima “scena del crimine” o “esordio” dell’Ambush Marketing, a seconda dei punti di vista dei commentatori.

Cosa accadde a Los Angeles? Accadde che FUJI pagò a caro prezzo, tramite sponsorizzazione, i diritti di esclusiva durante la manifestazione e KODAK condusse una strutturatissima campagna pubblicitaria parallela che portò non pochi consumatori ad equivocare su chi fosse il reale sponsor delle Olimpiadi.

Vale la pena ricordare che anche se le Olimpiadi sono, quasi per definizione, il luogo deputato dell’Ambush Marketing non ne sono certo immuni altri importanti avvenimenti sportivi quali ad esempio i Mondiali di Calcio FIFA o il Super Bowl americano.

Eventi tutti in cui di solito c’è un main sponsor di categoria che si garantisce l’esclusiva e una pletora di altri operatori economici che cercano di “infilarsi” all’interno o nelle immediate vicinanze – ovviamente anche mediatiche – dell’evento per sfruttarne l’esposizione e la visibilità.

Spesso queste “incursioni” sono estremamente creative, a volte divertenti e in genere amate dai consumatori.

Fra quelle più famose possiamo ricordare il gruppo di modelle sugli spalti dello stadio di Capetown durante i mondiali FIFA in Sud Africa che, mentre si giocava una partita dell’Olanda, si mostrarono vestite interamente di arancione (storico colore dei tifosi olandesi!) per pubblicizzare una birra riconoscibile proprio per lo stesso colore e che non era ovviamente sponsor dei Giochi.

Un altro caso famoso è quello di un gioco a premi in base al quale, durante gli spot pubblicitari dello sponsor ufficiale durante il Super Bowl 2015, i telespettatori dovevano chiamare un diretto concorrente dello sponsor e dichiarare a chi avrebbero voluto regalare l’auto messa in palio nel caso avessero vinto.

Una forma di Ambush Marketing in violazione dei diritti degli sponsor ufficiali consiste nel far indossare o far utilizzare agli atleti capi di abbigliamento, oggetti (famosissime e vituperate a questo proposito le cuffie audio ampiamente distribuite agli atleti alle Olimpiadi di Londra 2012) o attrezzi sportivi di marche concorrenti

          

Non c’è dubbio che difendere l’esclusiva degli sponsor ufficiali è un compito fondamentale per gli organizzatori per conservare gli sponsor, oggi indispensabili per sostenere i costi sempre più elevati delle grandi manifestazioni sportive.

In assenza di una normativa specifica* atta ad arginare il fenomeno sono state emanate nel corso degli anni norme internazionali in base alle quali i Paesi organizzatori di importanti manifestazioni quali le Olimpiadi sono tenuti ad emanare norme specifiche che garantiscano il divieto per chiunque di utilizzare marchi, loghi, mascotte, claim, immagini, ecc.  dei giochi in questione o addirittura vietino, per il periodo dell’evento sportivo, l’uso in pubblicità di parole di uso comune quali oro, argento, medaglie, giochi, sponsor e così via.

I Paesi organizzatori devono anche fra le altre cose emettere norme ad hoc che garantiscano zone libere da pubblicità non autorizzate nelle vicinanze dei luoghi delle gare.

Ovviamente in vista delle Olimpiadi invernali del 2026 l’Italia dovrà emanare a tempo debito una Legge dettagliata a tutela delle esclusive degli sponsor come del resto è già avvenuto in occasione dei Giochi di Torino del 2006 nonché dell’Esposizione Universale EXPO Milano 2015.

Non possiamo chiudere però questa rapidissima carrellata senza ricordare alcuni episodi famosi spesso assimilati all’Ambush Marketing che a giudizio di chi scrive non sono esattamente ascrivibili a questa categoria in quanto non sono attività programmate di disturbo degli sponsor ufficiali.

Ci riferiamo alla capacità che alcuni pubblicitari hanno avuto di volgere a favore del proprio marchio un evento totalmente inaspettato accaduto in un momento di massima attenzione mediatica.

Due esempi molto noti ci vengono dalle Olimpiadi invernali di Sochi.

Una fiaccola portata da un tedoforo si spegne durante la corsa e un volonteroso passante la riaccende utilizzando, riconoscibilissimo, un accendino Zippo. Ne consegue ovviamente che Zippo rilancia ed amplifica questo evento unito al claim di aver salvato le Olimpiadi.

Alla cerimonia di apertura uno dei cerchi olimpici non si accende. L’indomani Audi invade il mondo con immagini delle proprie automobili accompagnate dal messaggio che “When four rings is all you need –  Quando tutto quello che ti serve sono 4 cerchi!”

Perché questi esempi non sono esattamente, a mio avviso, Ambush Marketing? Perché nascono in realtà solo dalla capacità di volgere a proprio favore un fatto di cronaca. Un po’ come accadde da noi in Italia nel 1984 quando a Livorno alcuni studenti beffarono il mondo accademico recuperando dall’Arno teste in pietra spacciate (e riconosciute!) per opere di Modigliani ma da loro stessi “scolpite” utilizzando un Black & Decker.  Black & Decker non mancò di inondare il mercato italiano con inserzioni che affermavano“E’ facile essere bravi con Black & Decker”.

* Vale la pena ricordare tuttavia che i cinque cerchi olimpici, insieme alle regole del loro utilizzo, sono espressamente tutelati dal Trattato di Nairobi del 1981 sulla protezione del Simbolo Olimpico cui l’Italia ha aderito.

© BUGNION S.p.A. – Luglio 2019