Autore: Davide Anselmi

Articolo pubblicato in Bugnion News n.25 (Novembre 2017)

Il mese scorso il Tribunale texano ha condannato Apple a pagare 440 milioni di dollari all’azienda VirnetX per utilizzo non autorizzato di alcuni brevetti di proprietà di quest’ultima. In particolare, si tratta di brevetti relativi all’applicazione “facetime” che Apple da anni implementa sui propri dispositivi mobili.
La somma sopra esposta sarebbe stata calcolata sulla base del fatto che tali brevetti “peserebbero” circa un quarto dell’uno per cento del costo dei dispositivi della Mela, ovvero circa 1,2 dollari per ogni prodotto venduto.

Tale sentenza sembrerebbe rispettare le leggi sui diritti di proprietà industriale, tuttavia molte aziende americane si stanno lamentando sempre più in relazione al fatto che queste realtà che detengono i brevetti lavorino solamente sulla “carta” ma che non producano nulla di utile per il mercato (sono denominate anche NPE: non-practicing entity).

Queste società rientrano nella categorie dei “patent trolls” ovvero realtà che basano la propria attività economica sulla registrazione generalizzata ed indiscriminata del maggior numero possibile di brevetti (ma senza mai sviluppare il prodotto concreto) per poi chiedere a chi utilizzi tali tecnologie il pagamento di royalties oppure risarcimenti di danni tramite cause legali.

Tra l’altro da indagini statistiche sembra che la maggior parte delle cause di “trolling” vengano presentate presso il Distretto del Texas che apparentemente favorisce i titolari del brevetto ed i cui giudici stanno sviluppando notevoli competenze in campo brevettuale. Si stima che un giudice texano segua da solo più cause brevettuali rispetto all’insieme dei giudici della California, Florida e New York.
Nel presente caso, VirnetX è un’azienda fondata da ingegneri del SAIC (Science Applications International Corporation) che originariamente sviluppava tecnologia per il Dipartimento di Sicurezza Nazionale, ma che nel tempo ha ampliato il proprio portafoglio brevetti (oltre 100 brevetti) ed i cui dipendenti sono oggi per la maggior parte degli avvocati che hanno il compito di far fruttare tali privative. In altre parole, oggi Virtnet viene definita da molti come un “patent troll”.  Naturalmente, a seguito della sentenza il CEO di VirnetX si è detto entusiasta della decisione ed ha spiegato che ‘l’ammontare dei danni calcolato dal tribunale è grande perché le vendite dei prodotti in violazione da parte di Apple sono grandi’.

In generale, negli Stati Uniti sembra che il “trolling” stia diventando sempre più un problema specialmente per le grandi aziende che dopo aver investito ingenti risorse nello sviluppo di un prodotto e nella relativa commercializzazione e pubblicità si trovano a dover pagare il “pizzo” ai “trolls”.  Senza contare che questa dinamica impedisce anche l’ingresso sul mercato delle nascenti Start Up che per realizzare caratteristiche innovative di un prodotto già esistente si trovano a dover “passare” per tutti i brevetti relativi alle caratteristiche “di base” del prodotto esistente e detenuti dai “trolls”.

In quest’ottica, innovare sul serio diventa molto difficile e soprattutto molto rischioso, pertanto in USA già da tempo l’ITC (International Trade Commission) ha avviato una riforma delle regole tramite cui sarà richiesto alle società che brevettano di dimostrare che hanno una significativa dimensione e presenza commerciale degli Stati Uniti (altrimenti non potranno brevettare). Questo potrebbe portare ad una riduzione dei “patent trolls”, tuttavia si rischierebbe di penalizzare le piccole realtà industriali. Pertanto, ad oggi stanno ancora lavorando per cercare di ottenere una soluzione di compromesso che possa risolvere la questione. Si spera arrivi presto.
Nel frattempo vedremo se Apple si rassegnerà a risarcire la somma stabilita!

Pertanto, stay tuned.

© BUGNION S.p.A. – Novembre 2017