Articolo pubblicato in Bugnion News n.36 (Settembre 2019)

Nell’era digitale, molti dei nostri comportamenti, delle nostre esigenze, dei nostri modi di comunicare sono mutati. Di questi tempi, è ormai abituale per le aziende, fare recruiting o cercare nuovi fornitori utilizzando i propri profili presenti sui maggiori social network (Linkedin, Instagram, Facebook, Twitter, ecc.). Moltissime sono le piattaforme disponibili in rete con le quali, attraverso il proprio account, è possibile fare acquisti (citiamo fra tutte Amazon ed Ebay). Anche per quanto attiene alla sfera privata, non è infrequente utilizzare applicazioni e chat per fare nuove conoscenze o per mantenere contatti con amici e parenti lontani (Meetic, Loovo, Tinder, Messanger, Whatsapp, ecc.)

Migliaia di informazioni viaggiano quotidianamente sul web; informazioni che rischiano di perdersi fra migliaia di altre informazioni, rendendo inefficaci gli sforzi per ottenere visibilità. Un po’ come un marchio deve possedere un’adeguata soglia di distintività, risulta importante distinguere se stessi dagli altri individui se si vuole riuscire a comunicare qualcosa.

Per citare una frase di Oscar Wilde “There is only one thing in life worse than being talked about, and that is not being talked about”.

Considerato che “l’importante è che se ne parli”, al fine di ottenere maggiore visibilità, gli influencer, le star, i politici, i personaggi pubblici, utilizzano ormai da tempo e in modo sistematico il “Personal Brand”. Tuttavia, l’attività di Personal Branding non è riservata solo alle categorie di persone la cui immagine è strettamente connessa ai media, ma è divenuta ormai di grande interesse anche per le persone comuni che potranno utilizzarlo allo scopo di migliorare l’attività professionale aprendosi a nuove opportunità lavorative.

Ma vediamo di cosa stiamo parlando.

Luigi Centenaro (Personal Branding Strategist) definisce il Personal Brand come “la ragione per cui un cliente, un datore di lavoro o un partner ti sceglie”. Un po’ come dire che anche le persone, al pari di un qualsiasi altro segno distintivo, devono avere un proprio appeal, cioè un proprio potere attrattivo.

Jeff Bezos (fondatore, presidente e amministratore delegato di Amazon) invece, definisce il Personal Brand come “quello che la gente dice di te, una volta che sei uscito dalla stanza”. In questo caso si fa riferimento alla percezione che le persone trasmettono in relazione a fattori quali, ad esempio, la professionalità, la credibilità o la reputazione. Al pari di un marchio quindi, anche le persone devono saper trasmettere un messaggio, informare o rimandare ad esperienze positive che siano in grado di soddisfare le aspettative degli stakeholder.

Se è vero che ognuno di noi, più o meno consapevolmente, promuove quotidianamente e a vario titolo, la propria immagine nei confronti di altre persone, il Personal Brand non è la somma di tratti fisici o il nostro modo di apparire ma piuttosto, è la somma di elementi interiori ed intangibili. Questo sistema quindi, non può prescindere da una condivisione di valori, esperienze, interessi, obiettivi ecc. Perciò, ogni volta che interagiamo con i colleghi, partecipiamo a riunioni professionali oppure condividiamo risorse in rete, stiamo dando forma al nostro Personal Brand, comunicando il nostro mondo interiore.

Si tratta quindi di costruire intorno al proprio nome (o alla propria azienda), una reputazione, una personalità dotata di originalità e riconoscibilità, affinando la capacità di rispondere velocemente, in modo veritiero ed efficace, alle esigenze di chiunque entri in relazione con noi, individuando e definendo i punti di forza, le competenze, in quale modo si è in grado di impiegarle, quali benefici si è in grado di generare e perché gli altri dovrebbero sceglierci.

Come per i brand di maggiore successo, è necessario investire tempo, energie e risorse nella costruzione della propria identità e alla comunicazione di quest’ultima. Un brand di successo infatti, richiede tempo per acquisire autorevolezza, credibilità e fiducia da parte delle aziende, dei fornitori o dei clienti; senza queste condizioni, non si può sopravvivere a lungo sul mercato. Naturalmente, in alcuni casi, si potrà decidere di utilizzare anche un simbolo o un nome con i quali si viene riconosciuti. Ovviamente la scelta dipenderà anche dall’obiettivo che ci si è prefissati poiché sarebbe un po’ insolito usare nomi differenti dal proprio se ci si sta proponendo per una nuova posizione lavorativa!

Potrebbe sembrare un’impresa titanica, tuttavia, non sono rari gli esempi di successo di “persone comuni” che hanno incrementato il loro business sviluppando il loro Personal Brand, utilizzando a proprio vantaggio il web.

Virginia Di Giorgio è un’illustratrice fiorentina che ha iniziato la sua attività condividendo su Instagram disegni che ritraevano le avventure del suo alter ego VIRGOLA con l’obiettivo di ottenere visibilità e un impiego nel mondo della grafica.

Caratteristica dei disegni, creati su carta con la matita, è l’abbinamento di questi ultimi con alcuni oggetti o materiali d’uso quotidiano utilizzati però in modo creativo quali bustine del tè, bottoni, biscotti, fiori, ecc.

I disegni condivisi sull’account Instagram e Facebook della Sig.ra Di Giorgio hanno attirato in breve tempo l’attenzione di grandi aziende (come ad esempio la Caffè Vergnano), interessate a raccontare i loro prodotti attraverso il personaggio di Virgola.

 

Nel dicembre 2013, viene pubblicato il libro Virgola ed escono la collezione di gioielli “Oro, Argento Virgola” e una linea di cancelleria ispirata al personaggio. Ad oggi il profilo Instagram conta 148mila follower e oltre 68mila fan su Facebook.

DUE ERRE di Rocchetta Alessandro E C. S.n.c. è un’azienda artigianale Emiliana, specializzata nella produzione di alimenti da forno per animali domestici. L’azienda, ha lanciato una linea di biscotti per cani utilizzando il proprio marchio figurativo BOOBY.

La sfida consisteva nel raccontare 30 anni di storia dell’azienda in un solo minuto allo scopo di trasmettere i propri valori aziendali attraverso un’azione di video marketing e per farlo, uno dei titolari, ci ha letteralmente “messo la faccia”.

http://www.youtube.com/watchBOOBY

Grazie al video riproposto in due versioni differenti, la visibilità dell’azienda è aumentata e il marchio BOOBY ha ottenuto un miglior posizionamento sui motori di ricerca. L’azienda inoltre, ha stabilito un contatto diretto con i propri clienti – proprietari di animali domestici – facendo loro apprezzare il fatto che gli ingredienti utilizzati dai prodotti BOOBY sono quelli utilizzati per il consumo umano. Dimostrando, in altre parole, che la passione è lo spirito guida di questa azienda.

Ovviamente sia su Instagram, sia su Facebook, è possibile rintracciare tante altre storie di successo; storie che, partendo da idee innovative ed interessanti, hanno portato alla creazione di nomi per varie attività (nei casi sopracitati, rispettivamente VIRGOLA e BOOBY).

Inoltre alla creazione di pagine Instagram e Facebook e/o nomi a dominio, hanno fatto seguito le richieste di protezione dei marchi attraverso domande di registrazione formalizzate innanzi all’UIBM.

Le pagine dei social media sono ormai considerate segni distintivi ai quali, seppur con criteri differenti rispetto a quelli utilizzati per i marchi d’impresa, è riconosciuta una tutela nei confronti di terzi titolari di segni successivi.

Infine, particolarmente evidente nel caso di VIRGOLA, è indubbia la presenza del diritto d’autore riguardante tutti i disegni pubblicati, il libro e le varie creazioni di gioielleria. Al momento, non abbiamo notizia circa l’effettiva tutela di queste creazioni presso la SIAE da parte della Sig.ra Di Giorgio ma, come è noto, l’acquisizione del diritto d’autore sorge con la creazione dell’opera, senza che siano richiesti ulteriori adempimenti o formalità.

Il Personal Brand quindi, non è solamente un’operazione di marketing, ma può e deve essere accompagnata da un’attenta e pianificata tutela dei diritti di proprietà intellettuale.

Tutti possono quindi essere un brand; un patronimico, un nickname, o un’icona che li rappresenta. L’importante è essere dotati dei requisiti per essere considerati tali ossia: novità, capacità distintiva, liceità e veridicità.

© BUGNION S.p.A. – Settembre 2019