Autore: Tiziana Pacini

Articolo pubblicato in Bugnion News n.33 (Marzo 2019)

Stilista nuovo, logo nuovo! I nuovi direttori creativi delle maison del lusso arrivano e stravolgono addirittura i loghi. La scelta dei font si uniforma, dando vita a loghi minimalisti, sempre più simili tra di loro dal punto di vista grafico. Di conseguenza, solo il nome ora fa la vera differenza e cattura l’attenzione del pubblico. Il brand naming, ossia la scelta del nome, diventa così sempre più importante per trovare il nome giusto e distinguersi sul mercato.

La qualifica di direttore creativo è diventata determinante per i brand. È una figura, ormai, che ha sempre più potere e detta legge, non solo riguardo alla realizzazione di capi e di accessori, ma anche riguardo alla creazione di nuovi loghi, uniti a nuove tipologie di comunicazione e strategie di marketing. Queste operazioni sono molto delicate per un’azienda, in quanto riuscire a costruire e mantenere un marchio forte e riconoscibile dai consumatori, è uno dei principali obiettivi societari. Per un marchio di fascia alta investire in un’operazione di rebranding può essere rischioso, ma anche molto stimolante. Per rimanere allineati ai nuovi canali di comunicazione e parlare alle nuove generazioni, con maggiore intensità e potenza visiva, il cambiamento sembra davvero necessario. Proiettarsi nel futuro, scrivere una nuova storia, forti però di un’eredità importante, che viene comunque tramandata.

Un nome fra tutti Hedi Slimane che, nominato direttore artistico, creativo e d’immagine di Celine lo scorso anno, ha rivoluzionato il logo della celebre maison del lusso. In passato, esattamente nel 2012, aveva fatto la stessa cosa al suo arrivo da Yves Saint Laurent.

Il font del logo CELINE è rimasto lo stesso, ma la scritta perde l’accendo sulla “E”, permettendo una proporzione più semplificata e più equilibrata. La lettera “N” è più appuntita alle estremità, mentre la “C” non è più perfettamente arrotondata. Il nuovo logo in bold si ispira alla versione originale risalente agli anni ’60, in cui l’accento era usato raramente. Inoltre, la scritta “PARIS” da sempre facente parte del logo, appare solo sugli accessori, l’abbigliamento ed il packaging, ma non nel logo.

Hedi Slimane da Yves Saint Laurent ha eliminato dal logo, innanzitutto, il nome “YVES” del fondatore della casa di moda, aggiungendo invece “PARIS” e ha rivisitato il logo realizzato in Helvetica, per ottenere così un effetto minimal.

 

Tra i motivi della scelta, oltre a quello di riallacciarsi ad un pezzo di storia del brand, citando il logo originale della linea di prêt-à-porter Saint Laurent Rive Gauche lanciata nel 1966, e di dare un’idea unitaria e compatta al brand, forse anche il fatto che mantenere solo il cognome nel fashion è di buon auspicio. Una volta tolto il nome, si pensi ad esempio a Versace, Gucci, Prada, il successo dei marchi sale alle stelle.

Da Burberry arriva Riccardo Tisci ed ecco che cambia il lettering del brand e viene anche ideato un nuovo monogramma, quest’ultimo dal grafico Peter Saville, famoso per aver creato alcune delle copertine più note del punk/rock britannico. Il brand ha perso l’appeal vintage ed è diventato moderno e lineare.

Sotto la direzione creativa di Raf Simons, nel 2017, Calvin Klein ha debuttato con un nuovo logo, realizzato anch’esso da Peter Saville. Nelle parole di Simons, il logo rappresenta “un ritorno allo spirito originario del brand. Un riconoscimento a colui che ha fondato la casa di moda.” La scelta ha privilegiato l’uso di un uniforme maiuscolo e di un font semplice, discreto e di immediato impatto.

Anche la storica casa di moda francese Balmain, guidata da Olivier Rousteing ha deciso di cambiare il logo storico, adottando una versione “senza grazie”, ovvero, il logo sans serif. Si perde l’eleganza tipografica, ma il logo diventa più leggibile e immediato.

Con la nuova direzione creativa del designer Demna Gvasalia, anche Balenciaga ha rivoluzionato il proprio logo, con l’adozione del font Universe Bold Condensed.

Il logo di Diane von Furstenberg è stato completamente modificato con la nuova direzione creativa di Jonathan Saunders. Si passa da un monogramma DVF, che utilizzava un serif ad alto contrasto, ad un logo senza monogramma e con un font san serif in maiuscolo e giustificato.

E la lista è ancora lunga, ma la tendenza generale è già emersa esaminando questi nuovi loghi. Il minimalismo prevale, con l’uso di caratteri maiuscoli san serif e in grassetto, alla ricerca di una maggiore leggibilità, privilegiando semplicità, chiarezza, pulizia e naturalezza.

I nuovi loghi, variazioni sul tema minimal, si sono uniformati. Di fronte a questa omologazione della veste grafica dei marchi, la scelta del nome diventa determinante.

Nella moda, come abbiamo visto, impera il marchio patronimico, che in generale trasmette fiducia, vicinanza, e garanzia di qualità. Tuttavia, se si vuole adottare un nome di fantasia, che non sia il proprio nome e cognome, per scelta, o perché non si ha un cognome altisonante e commercialmente d’impatto, o in caso di omonimie, o di un cognome diffuso, come scegliere il nome giusto?

Il brand naming è uno strumento strategico di comunicazione e di valorizzazione del marchio, è fondamentale per identificare nomi nuovi, innovativi e distintivi al fine di costruire una identity brand solida e duratura. Si può imparare a farlo al meglio, ed è per questo che Bugnion promuove tra i suoi servizi il brand naming day, corso ideato e tenuto da Beatrice Ferrari, la voce più significativa del brand naming in Italia. Le prossime date sono: 29 maggio 2019 a Bologna, 13 giugno 2019 a Rimini, 3 ottobre 2019 a Milano, 24 ottobre 2019 a Modena e 28 novembre 2019 a Verona.