Il collettivo artistico di New York MSCHF, in collaborazione con il rapper americano Lil Nas X, personalizza a tema satanico le Nike Air Max 97 e lancia le “Satan Shoes”, in concomitanza al lancio del nuovo singolo e del video choc del rapper gay afroamericano e della Pasqua Cristiana. Parte il boicottaggio della Nike sui social che però non aveva mai autorizzato l’operazione e fa causa al collettivo per violazione dei suoi marchi registrati.

Satan Shoes
Sorgente: Wikipedia, via Wikimedia Commons CC BY-SA 4.0

Mentre tutta l’industria della moda, sospinta dai buoni valori ritrovati grazie alla pandemia, punta sui good feelings, sulla sostenibilità ambientale, sull’amore per la famiglia, sulla solidarietà verso il prossimo e mentre noi celebriamo i 700 anni dalla morte di Dante e ricordiamo l’Inferno, ma solo per la vetta linguistica raggiunta dal sommo poeta in quel libro, negli States qualcuno racconta l’Inferno con una storia diversa.

Montero Lamar Hill, in arte Lil Nas X o LNX, l’eccentrico rapper afroamericano dichiaratamente omosessuale, il 26 marzo 2021 lancia un nuovo singolo: “Montero (Call Me By Your Name)” e un nuovo video choc, che ha raggiunto oggi più di 181 milioni di visualizzazioni, dove, vestito da serpente nel giardino dell’Eden, decide di rinunciare al Paradiso per poter essere se stesso e si lancia dall’alto giù nei gironi infernali per cercare satana, lo seduce, lo uccide e gli ruba le corna che indossa lui stesso. Luca 10:18 “Egli disse: <io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore>”. Un video contro le oppressioni e le discriminazioni subite dal mondo “queer” da parte degli ambienti conservatori e della destra cristiana.

Lo stesso versetto biblico compare come citazione sulle sneakers della Nike personalizzate dalla MSCHF in collaborazione con il rapper, denominate “Satan Shoes”. Lanciate il lunedì della Settimana Santa, sono state vendute in meno di un minuto a più di 1000$ al paio. Si tratta di un’edizione limitata a 666 paia, numero non casuale visto che da sempre è considerato il numero del diavolo. Le scarpe sono farcite di simboli satanici: una stella di bronzo a 5 punte tra le stringhe, il noto pentacolo del satanismo; un liquido rosso inserito nella camera d’aria della suola che, giurano i produttori, contiene una goccia di vero sangue umano; una croce rossa invertita posta sull’etichetta pendente dalla lingua della scarpa; il pentacolo disegnato in una soletta interna aggiunta sopra l’originale ed infine la scatola, sostituita all’originale, rossa, con l’interno foderato da scene rinascimentali dell’inferno dantesco. Simboli che si mescolano nello sguardo del consumatore con i celebri marchi della Nike, il marchio verbale NIKE e lo “swoosh”, cioè il baffo che tutti conosciamo.

La reazione del mondo web è immediata e con l’#BoycottNike l’America puritana e conservatrice grida tutta la sua indignazione nei confronti dell’ignara Nike, che prende subito le distanze dal progetto comunicando la sua estraneità e la sua intenzione di far causa ai produttori. Detto fatto, il giorno dopo il lancio delle scarpe, il 30 marzo, la Nike chiede alla Corte Distrettuale di New York un ordine restrittivo e di inibitoria alla vendita nei confronti della MSCHF Product Studio, Inc. L’enorme danno d’immagine che stava derivando dall’associazione della Nike al satanismo, e il rischio di un boicottaggio del brand, hanno messo in secondo piano anche il timore di risultare discriminatoria nei confronti di un afroamericano gay e di apparire vicina alla destra conservatrice e cristiana.

Nonostante il poco tempo a disposizione per scrivere il ricorso, i legali della Nike depositano un atto completo e ben ponderato nei suoi toni. Dalla sua lettura appare chiaro come gli argomenti usati siano estremamente giuridici e tocchino solo incidentalmente le tematiche più moralistiche legate al caso. Questi gli argomenti: il marchio NIKE e il marchio figurativo c.d. “swoosh” (il baffo) sono marchi registrati e notori; la Nike non ha mai dato il consenso alla MSCHF per usare tali marchi, né per modificare e vendere le Nike Air Max 97 “Satan Shoes”; il pubblico è chiaramente indotto in inganno sull’origine imprenditoriale dell’edizione limitata; la vendita di questo modello alterato causerebbe un danno di immagine al brand NIKE e un enorme danno economico per il minacciato boicottaggio di massa dei suoi clienti. Fin qui tutto chiaro. Ma negli USA, in base alla “First Sale Doctrine”, la rivendita di prodotti originali, immessi per la prima volta in commercio dal titolare del marchio, è lecita. Da qui il fenomeno dei resellers, ben noto a tutti i genitori di teenagers, che si accaparrano gli ultimi modelli di sneakers e li rivendono a prezzi gonfiati. Vi è però un limite a tale libertà di rivendita e cioè che i prodotti rivenduti non siano “materialmente diversi” dagli originali.

A tal proposito, la Nike evidenzia come le “Satan Shoes” siano state alterate tanto nel design, che è divenuto a tema satanico, quanto nella struttura, visto che è stato aggiunto un liquido nella camera d’aria delle suole, che può averne compromesso l’integrità, la sicurezza e gli standard qualitativi, e che per di più contiene sangue umano che, a detta della MSCHF, è stato prelevato dai propri dipendenti senza neanche l’ausilio medico, assolutamente in contrasto con la politica della Nike.

Identico istituto esiste anche nell’Unione Europea. Si tratta del principio dell’esaurimento comunitario statuito dall’art. 15 del Regolamento UE 2017/1001 sul marchio dell’Unione europea che recita:

Articolo 15 Esaurimento del diritto conferito dal marchio UE 1. Il diritto conferito dal marchio UE non permette al titolare di impedirne l’uso per prodotti immessi in commercio nello Spazio economico europeo con tale marchio dal titolare stesso o con il suo consenso. 2. Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga alla successiva immissione in commercio dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio.”

Il fenomeno della personalizzazione delle sneakers va inserito in questo contesto giuridico e i designer italiani ed europei che vogliono cimentarsi in tale revisione artistica tanto in voga, devono prima ottenere il consenso del titolare del marchio, non c’è diritto d’autore che tenga.

Tornando alla controversia, il collettivo artistico di Brooklyn risponde al ricorso nello stesso giorno del suo deposito, (mi soffermo sulle tempistiche essendo un po’ invidiosa dell’efficienza statunitense…), inviando tramite i suoi avvocati, alla Corte Distrettuale di New York una lettera in cui vengono anticipati gli argomenti di difesa, che sono i seguenti: le “Satan Shoes” non sono «tipiche scarpe da ginnastica, ma opere d’arte numerate e vendute a collezionisti»; è improbabile che vengano confuse con i prodotti originali della Nike; l’ordinanza restrittiva non è necessaria perché 665 su 666 paia delle scarpe incriminate sono state già spedite agli acquirenti e la MSCHF non ha in programma di produrne altre; oltre al diritto d’autore, i legali della MSCHF invocano anche la “parody defense”, basata sull’inviolabile libertà d’espressione sancita dal Primo Emendamento che consente, negli USA come da noi, di utilizzare marchi notori altrui a fini parodistici, laddove tale uso venga fatto per trasmettere un messaggio “sociale”, che in questo caso sarebbe di critica alla cultura consumistica che il mercato delle sneakers sta creando anche tramite le note collaborazioni con personaggi famosi (v. le Nike Jordan).

Mercoledì 31 marzo, il giorno dopo il deposito del ricorso, la Corte di New York approva comunque l’ordine restrittivo.

Neppure gli argomenti presentati oralmente all’udienza del giovedì mattina, 1 aprile, dai legali della MSCHF convincono il Giudice incaricato Eric Komitee, che nel pomeriggio emette un’ordinanza restrittiva (48 ore dopo il deposito del ricorso, sigh!). La MSCHF deve interrompere la vendita delle “Satan Shoes”.

Il 9 aprile le parti chiudono la vertenza con un accordo transattivo in base al quale la MSCHF dovrà ritirare tutte le “Satan Shoes” vendute, rimborsando il prezzo agli acquirenti (tra i quali c’è il nostro Fedez) e dovrà ritirare anche la precedente edizione limitata del 2019 delle “Jesus Shoes” che contenevano acqua santa nella camera d’aria e che non furono a suo tempo contestate dalla Nike.

Al sito web dedicato alla promozione delle “Satan Shoes” (https://satan.shoes/), dal 1 aprile compare solo una dichiarazione, stampata in caratteri rossi su sfondo nero, in cui il collettivo declama la libertà di espressione, definisce il progetto come una forma di arte provocatoria, e si rammarica della reazione della Nike che descrive come di censura.

Chi scrive crede fermamente nella libertà di opinione in tutte le sue forme e nel diritto di critica, ma si chiede banalmente perché questi artisti abbiano bisogno di ricorrere ad un marchio notorio altrui, anziché usare il proprio, per esprimere le loro idee e perché la loro arte sia così costosa. Non appare incoerente rivendicare l’uso in funzione parodistica dei celebri marchi della Nike per criticare il consumismo legato alle sneakers e poi venderle a così caro prezzo? Le “Satan Shoes” sono in effetti opere d’arte e parodia o una semplice operazione di marketing mascherata?

© BUGNION S.p.A. – Maggio 2021

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