Fare del bene può far male, se fatto nel modo sbagliato.

È quanto successo al team formato dalla Balocco Industria Dolciaria e dall’influencer degli influencer, Chiara Ferragni, tacciati di “pratica commerciale scorretta” dall’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) nell’ambito dell’iniziativa commerciale “Chiara Ferragni e Balocco insieme per l’ospedale Regina Margherita di Torino”.

Chiara Ferragni e Balocco: l’ultimo aggiornamento – 19 luglio 2023

Un’iniziativa che in questi giorni ha fatto nuovamente parlare di sé, visto che l’AGCM ha appena esteso alle società Fenice S.r.l. e TBS Crew S.r.l., riconducibili proprio a Chiara Ferragni, il procedimento avviato nei confronti della Balocco S.p.A. Industria Dolciaria. Oggi, 19 luglio, infatti, i funzionari dell’Autorità hanno svolto due ispezioni nelle sedi di Fenice S.r.l. e di TBS Crew S.r.l. con l’ausilio del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza

E ora il rischio è quello di dover risarcire tutti i consumatori ingannati, se il Codacons procederà con un’azione legale.

Balocco e Ferragni: l’analisi

Il caso risale al Natale 2022 e riguarda la messa in vendita di un pandoro Balocco in edizione limitata griffato “Chiara Ferragni”: obiettivo di questa joint venture era sostenere la ricerca sull’osteosarcoma e sul sarcoma di Ewing a favore dell’ospedale Regina Margherita di Torino.

Una nobile causa, se non fosse per il modo in cui questa iniziativa è stata comunicata e promossa davanti al grande pubblico: in pratica, secondo quanto sostenuto dall’AGCM, i consumatori avrebbero acquistato i pandori ritenendo che vi fosse un rapporto diretto tra il numero di pandori venduti e l’importo della donazione a favore del Regina Margherita, convinti che attraverso il loro contributo potessero contribuire direttamente all’acquisto di un nuovo macchinario per l’ospedale.

Ma la realtà era ben diversa: l’ammontare della donazione infatti sarebbe stato ampiamente stabilito e concordato tra le parti prima della messa in commercio dei pandori, e quindi l’entità di questa donazione non avrebbe avuto nulla a che fare con il numero di pandori venduti dal tandem Balocco/Ferragni.

La replica del Codacons

Un’assenza di trasparenza che non è piaciuta all’AGCM, né tantomeno ai consumatori, con il Codacons e l’Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi che hanno fatto squadra presentando un esposto che ha dato il via all’istruttoria dell’Antitrust.

“A gennaio – fa sapere il Codacons in un comunicato -, a seguito di numerose segnalazioni circa la scarsa trasparenza dell’iniziativa di solidarietà e i dubbi sull’utilizzo dei fondi raccolti presso i cittadini che avevano acquistato il pandoro, ci eravamo rivolti all’Antitrust chiedendo di accendere un faro sulla vicenda. Oggi l’Autorità accoglie in pieno la nostra denuncia aprendo una inchiesta attraverso la quale sarà possibile capire meglio i dettagli di una operazione commerciale proposta al pubblico con criteri poco trasparenti, tali da modificare le scelte economiche dei consumatori che hanno deciso di acquistare il prodotto sponsorizzato dalla Ferragni”.

Ma non basta: “Ora – avvisa il Codacons – se l’Antitrust confermerà la pratica commerciale scorretta, avvieremo un’azione legale contro la Balocco e Chiara Ferragni, chiedendo ai due soggetti di rimborsare il costo del pandoro a tutti i consumatori che hanno aderito all’iniziativa di solidarietà”.

Il commento: di Elisabetta Guolo

Questo caso è molto interessante perché, esaminando le tracce ora reperibili in rete della comunicazione diffusa dall’inserzionista, sia sui propri canali istituzionali che sui collarini dei prodotti, nonché sul profilo social della influencer, emerge un messaggio che potrebbe essere ritenuto non esplicitamente ingannevole ma probabilmente non trasparente, sibillino, vagamente omissivo.

Le norme che regolano la pubblicità[1] impongono il rispetto di criteri di trasparenza, veridicità ed etichettano come scorrette quelle pratiche idonee a indurre in errore il consumatore in merito a una o più caratteristiche del prodotto, inducendolo a compiere una scelta di natura economica che altrimenti non avrebbe preso.

Tale ingannevolezza si concretizza sia mediante azioni, sia mediante omissioni, vale a dire nel primo caso mediante dichiarazioni false o tramite un contesto idoneo a far comprendere un’informazione scorretta al consumatore, mentre nel secondo caso, tramite la mancata fornitura di informazioni essenziali che, se sapute, avrebbero portato il consumatore a compiere una scelta economica di natura diversa.

Nel caso Balocco, si potrebbe sostenere, per appoggiare l’ipotesi dell’AGCM e delle Associazioni che hanno segnalato la condotta, che l’inserzionista avrebbe potuto/dovuto completare la comunicazione commerciale precisando che una somma era già stata stanziata e in cosa consistesse esattamente il progetto benefico.

La dicitura riportata sul collarino del pandoro appare quanto meno difendibile e vicina ai principi pubblicitari sopra genericamente citati, mentre invece le altre inserzioni appaiono piuttosto generiche e vaghe.

Inoltre, non bisogna ignorare il fatto che sia i media che i content creator hanno compreso e a loro volta promosso la campagna specificando come vi fosse una correlazione diretta tra numero di pandori acquistati e somma donata.

Tuttavia, sia l’inserzionista che l’influencer non avrebbero provveduto a smentire questa interpretazione, avvalorandola implicitamente.

Tale condotta ulteriormente omissiva, ad essi imputata, potrebbe essere quella che ha pesato maggiormente nella scelta di segnalare l’operazione pubblicitaria, ma solo nel corso dell’istruttoria e dell’eventuale provvedimento dell’AGCM avremo la possibilità di chiarire tutti gli aspetti e di avere contezza degli elementi probatori significativi.

Purtroppo, al momento, disponiamo solo di informazioni frammentate e, in qualche modo, influenzate.

Ciò che è certo è che la Commissione dell’Unione Europea aveva chiarito in passato, per un caso simile, come si trattasse di pubblicità ingannevole. [2]

Infine, qualora effettivamente l’AGCM confermasse la presunta pratica commerciale scorretta, sarà interessante verificare se sarà poi avviata la class action da parte del Codacons per far risarcire tutti i consumatori indotti erroneamente all’acquisto del “pandoro rosa”.


[1] D. Lgs. 206/2005 nella parte in cui regolamenta le pratiche commerciali scorrette, art. 20 e seguenti

[2] Nella comunicazione sugli “Orientamenti sull’interpretazione e sull’applicazione della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno” del 2021, la Commissione ha riportato il seguente esempio: “Un professionista pubblicizzava la vendita di sacchetti di caramelle, affermando che per ogni sacchetto venduto avrebbe piantato un albero. Tuttavia, il professionista aveva già deciso di piantare un determinato numero di alberi, indipendentemente dai sacchetti di caramelle venduti. Un organo giurisdizionale nazionale ha accolto il ricorso del mediatore competente, secondo il quale tale affermazione si qualificava come pubblicità ingannevole che sfruttava l’ingenuità dei consumatori sensibili alle problematiche ambientali (MAO: 157/11, Tribunale del commercio di Helsinki, 8 aprile 2011.)