Alla vigilia dell’approdo alla borsa di Wall Street, e dopo aver toccato un picco di popolarità con il “cameo” nel film “Barbie” di Greta Gerwig, arriva una brutta battuta d’arresto nella apparentemente inarrestabile corsa al successo delle famosissime Birkenstock. L’azienda produttrice degli iconici sandali ugly-chic, infatti, è stata battuta (ancora) in Tribunale dall’italico orgoglio del (ben più piccolo) gruppo Goldstar-Valleverde.

L’impresa dal sangue romagnolo, con stabilimento a Coriano di Rimini, ha avuto la meglio contro il colosso tedesco guidato da Lvmh, gigante francese il cui fondo di investimento, L Catterton, possiede la maggioranza di Birkenstock.

La storia

Galeotta fu una suola: o meglio, il classico disegno intrecciato delle suole dei sandali Birkenstock, che accomuna il produttore tedesco e il gruppo italiano Goldstar-Valleverde.

La controversia tra le due parti nacque sette anni fa, quando la tedesca Birkenstock citò in giudizio il gruppo italiano facente capo alla famiglia Silvagni per violazione della Proprietà Intellettuale. Pomo della discordia, appunto, i disegni delle suole dei due sandali, molto simili, ma che Valleverde è più volte riuscita a dimostrare di avere in uso da oltre 40 anni.
Una battaglia legale che in questi 7 anni ha infuriato su diversi campi di battaglia, passando dai tribunali di Italia, Francia, Benelux e infine Germania, nella “tana del leone”. Una debacle per Birkenstock, dato che le sentenze hanno sempre sorriso al gruppo italiano, fino all’ultima decisione giunta proprio negli scorsi giorni davanti al Tribunale Federale tedesco: la corte ha respinto la richiesta di Birkenstock di registrare l’intreccio della sua suola come “marchio di fabbrica”. Mossa che, se fosse andata a buon fine, avrebbe costretto Valleverde a modificare i propri sandali.

La sentenza

“In questa decisione, il GPTO (German Patent and Trademark Office) è arrivato alla conclusione di cancellare il marchio di posizione di Birkenstock nr. 30 2015 053 169 sulla base della mancanza di carattere distintivo ai sensi della Sez. 8 par. 2 N. 1 della Legge Tedesca sui marchi‚”, si legge nel testo della sentenza.

Il commento

Durante questa querelle sono stati impugnati tutti i tentativi di Birkenstock sia di brevettare i propri modelli, sia di registrare il disegno della suola come marchio: “Nei vari tribunali – si legge in un comunicato firmato Elvio Silvagni, presidente del gruppo Silver1 che detiene i brand Goldstar, Valleverde e Biochic – abbiamo dimostrato che si tratta di una suola che utilizziamo da 40 anni, e che dunque possiamo usare in modo del tutto legittimo. Quest’ultimo verdetto ha semplicemente confermato quanto già stabilito dalla Corte di Giustizia europea nella sentenza de 2018 e poi in Italia, in Germania e nel Benelux” ha sottolineato ancora la Goldstar.

“Una battaglia legale che dura ormai da oltre sette anni – si legge nella nota – e che ha visto il piccolo gruppo italiano vedere finora sempre soddisfatti i propri diritti”.

La conclusione(?)

Sembra però che a Birkenstock non siano bastati questi sette anni di battaglie, né tantomeno le sentenze emanate dai tribunali di mezza Europa, perché stando alle ultime novità riportate da diversi media, sembra che la regina dei sandali abbia già deciso di impugnare la decisione del Tribunale Federale per presentare ricorso alla Corte Suprema Federale tedesca.

Come in ogni soap opera che si rispetti, quindi, anche in questo caso l’ultimo episodio della serie si chiude lasciando presagire l’arrivo di una nuova, entusiasmante, stagione, tutta da scoprire.