Fondata nel 2008 a Nanchino da Chris Xu, e divenuta nel 2020 il brand più discusso sulle principali piattaforme social (Youtube, Tik Tok e Instagram), nell’ultimo quinquennio Shein ha conosciuto un’inarrestabile parabola ascendente quale leader mondiale della vendita online del fast fashion cinese, raggiungendo un valore di 30 miliardi di dollari.

Il punto di forza di Shein è lavorare con molteplici fabbriche indipendenti cinesi, attive nella produzione di abiti di basso costo e spesso ispirati a prodotti di alta moda, occupandosi solamente della vendita all’estero e della gestione del servizio clienti. Tale modello di attività assicura quindi un flusso costante di ordini a piccole realtà che, in autonomia, non potrebbero vantare un simile turn-over.

Tuttavia, proprio in ragione della somiglianza dei prodotti posti in vendita da Shein con quelli di altre aziende del mondo della moda, la società cinese si è spesso trovata al centro di controversie e di accuse di contraffazione e concorrenza sleale, come ad esempio quelle sollevate da Levi’s, Ralph Lauren e H&M.

Peraltro, a carico di Shein sono state sollevate anche plurime accuse di violazione dei diritti umani per condizioni di lavoro sofferte dai dipendenti, violazione dei dati degli utenti, con relativa compromissione di indirizzi e-mail e password e contestazioni su prodotti composti da materiali tossici.

Ciononostante, fino a poco tempo fa, Shein rappresentava l’azienda leader nell’ambito del fast fashion cinese con importanti profitti internazionali.

Con la nascita di Temu a luglio 2022, fondata dalla Pdd Holdings e connessa all’e-commerce cinese Pinduoduo, la situazione è cambiata.

Nel giro di un anno, la nuova piattaforma cinese, un marketplace dai prezzi stracciati improntato al rapporto diretto fra produttori e consumatori, ha presto cominciato a far parlare di sé e a farsi notare, anche da Shein.

Proprio la società di Nanchino ha cominciato una vera e propria battaglia contro Temu, in prima battuta accusandolo davanti al tribunale federale di Chicago di aver lavorato con diversi influencer perché venissero diffuse dichiarazioni false e ingannevoli su Shein nei principali social network.

Peraltro, Shein ha accusato il concorrente di aver posto in essere pratiche ingannevoli, per cui i consumatori sarebbero stati tratti in inganno tramite account social fittizi e link, atti a scaricare l’app di Temu, così da far credere che le due realtà fossero fra loro connesse.

Il portavoce della neo-piattaforma fast fashion ha fortemente negato le accuse ricevute, difendendo con forza i propri diritti in tribunale.

La controversia però non si è conclusa qui, Temu ha contrattaccato.

L’accusa, in questo caso, ha avuto ad oggetto la violazione della legge antitrust statunitense e in particolare la circostanza per cui Shein avrebbe chiesto ai suoi oltre 8.000 produttori di firmare accordi di esclusiva al fine di escludere qualsiasi forma di collaborazione con Temu.

Peraltro, pare che Shein abbia rivolto pretenziose e infondate accuse di violazione di copyright a Temu, così da ottenere la rimozione dal marketplace di prodotti ritenuti contraffatti.

Considerando che sia Shein sia Temu basano la loro attività su prodotti a basso costo provenienti da piccole realtà, qualora una delle due effettivamente ottenesse rapporti in esclusiva, ciò costituirebbe un indebito monopolio e una compressione del mercato.

Stando alla comune prassi locale, pare che condotte del genere siano state poste in essere per anni in territorio cinese, si pensi solo a aziende come Meituan e Taobao di Alibaba che per anni hanno obbligato i fornitori alla sottoscrizione di accordi in esclusiva, sino a quando il governo locale non ha esplicitamente vietato tale pratica con la legge antitrust del 2021.

Le vertenze statunitensi sono ancora in corso, ma potrebbero essere solamente l’inizio di una lunga battaglia legale fra i colossi del fast fashion che potrebbe estendersi anche al territorio europeo, dove da qualche mese Temu ha cominciato ad essere attivo e a raccogliere consensi.

Molti ritengono, infine, che una tale attenzione da parte della autorità nazionali su queste realtà fast fashion potrebbe costituire un’arma a doppio taglio per Shein e Temu, che si potrebbero vedere oggetto di approfondite verifiche relative al rispetto delle normative a tutela della proprietà Intellettuale e della privacy.