Autore: Davide Anselmi

Articolo pubblicato in Bugnion News n.46 (Ottobre 2020) – Ascolta la versione Audio

In un nostro articolo di Giugno ci eravamo fatti un viaggio nella storia dei brevetti sulle mascherine protettive da cui si era appreso che le origini delle stesse erano molto più vecchie di quanto ci si sarebbe aspettati. Ma l’evoluzione tecnologica non si è fermata, e recentemente dal Giappone (e non solo) ci giunge notizia di una nuova mascherina “parlante” in grado di fare molte cose tra cui la traduzione istantanea.

Come a volte accade nella storia, la ricerca di una soluzione ad un problema tecnico può portare ad innovazioni utili ad altri settori. Basti pensare a Robert Taylor che quando nel 1966 si trovò ad affrontare il problema di far comunicare tra loro i computer delle diverse sedi USA dell’ARPA (Advanced Research Projects Agency), di certo non si aspettava di essere all’origine di quello che oggi chiamiamo “Internet”.

Un analogo processo potrebbe riguardare anche il settore delle mascherine. Sembra infatti che l’azienda tecnologica giapponese Donut Robotics, trovandosi ad affrontare il comune problema della difficile comprensione della voce emessa da chi indossa una mascherina, abbia inventato un nuovo dispositivo avente una funzione denominata “clear voice” basata su un sistema elettronico di ricezione e amplificazione esterna del suono. In pratica, un microfono interno alla mascherina rileva la voce emessa dall’utente ed un circuito elettronico la amplifica per poi riprodurla all’esterno tramite un altoparlante. Il tutto ovviamente realizzato in dimensioni molto contenute.

A ciò si sono poi aggiunte ulteriori funzioni di connessione della mascherina stessa allo smartphone, ad esempio via bluetooth®, che hanno portato alla possibilità di trascrivere dei dettati sul telefono. Da questo è poi nata una funzione di traduzione istantanea grazie all’utilizzo dei noti servizi di traduzioni on-line. In altre parole, la voce emessa viene ricevuta dallo smartphone che la trascrive, la traduce in un’altra lingua e re-invia il suono all’altoparlante esterno della mascherina.

Ecco, quindi, che ci si viene a trovare in una situazione in cui la soluzione inventata risolve un problema tecnico diverso rispetto a quello inizialmente posto e, in questo caso, rivolto ad un altro tipo utenza, ad esempio quella composta da chi ha esigenze di parlare lingue che non conosce.

L’idea è ovviamente oggetto di una domanda di brevetto ancora in fase di esame che dovrebbe tutelare diverse funzioni della mascherina tra cui, appunto, la traduzione istantanea, la trascrizione di testi, oltre alla consueta protezione sanitaria contro i virus.

Le prime 5.000 maschere “smart” dovrebbero essere disponibili in Giappone già da fine anno, a un prezzo intorno ai 40 dollari (circa 35 euro). Poi arriveranno anche qui in Europa.

Ma le innovazioni non vengono mai da sole. Sembra infatti che anche Xiaomi abbia depositato una domanda di brevetto su mascherina “smart” dotata di una serie di sensori integrati che consentono di monitorare, in tempo reale, lo stato della respirazione.

In termini tecnici, da quello che si conosce, la mascherina comprenderà un modulo processore che si occuperà di elaborare e analizzare i dati della respirazione che vengono trasmessi e memorizzati sullo smartphone tramite app dedicata.

Stiamo quindi assistendo alla nascita del settore tecnologico delle “smart masks”, ovvero di mascherine “elettroniche” che si connettono ai nostri terminali, che potrà avere un proprio sviluppo indipendentemente dagli esiti dell’attuale pandemia.

Pertanto, anche se tutti noi ci auguriamo di dimenticarle il prima possibile, non sappiamo quale sarà il destino delle mascherine ma forse il loro utilizzo potrebbe perdurare in altri settori o per alcune utenze specifiche.

© BUGNION S.p.A. – Ottobre 2020