Il 21 marzo 2022 la seconda Commissione dei Ricorsi dell’EUIPO sanciva finalmente la vittoria del Consorzio di Bolgheri, da noi assistito, contro il marchio BOLGARE’ della cantina bulgara Domain Boyar International. La decisione è una lezione di coerenza dell’Ufficio marchi europeo sulla tutela delle DOP alla Commissione Europea, che recentemente aveva approvato la richiesta di menzione tradizionale per il vino croato PROŠEK, indignando il settore vitivinicolo italiano e non. Vediamo in dettaglio la travagliata vicenda processuale e i punti salienti della decisione, a lungo attesa e a lungo ponderata da parte dell’EUIPO, che si pone sulla scia della nota sentenza della Corte di Giustizia sul caso CHAMPAGNE c. CHAMPANILLO.

Il caso Consorzio DOC Bolgheri e Bolgheri Sassicaia c. Domain Boyar International

Il 9 agosto 2017 il Consorzio depositava, nostro tramite, opposizione alla registrazione del marchio dell’Unione Europea BOLGARE’, richiesto dalla Domain Boyar per contraddistinguere una vasta tipologia di vini e bevande alcoliche in classe 33. Le basi di opposizione erano il rischio di confusione con il marchio UE collettivo anteriore BOLGHERI ex art. 8(1)(b) del Regolamento sul marchio dell’Unione Europea (EUTMR) e la notorietà del medesimo ex art. 8(5) EUTMR, ma anche l’evocazione della denominazione di origine protetta BOLGHERI, ai sensi dell’allora nuovissimo art. 8(6) EUTMR, introdotto dal Regolamento UE n. 1001 del giugno 2017, che stabilisce una base di opposizione specifica per DOP e IGP per i legittimi Consorzi di tutela. Stante l’identità dei prodotti e l’indubbia somiglianza dei segni, nonché la chiara evocazione della DOP BOLGHERI, l’esito favorevole per il Consorzio appariva scontato.

La difesa della Domain Boyar, una delle maggiori produttrici ed esportatrici in Europa di vini bulgari, puntava tutto sul fatto che BOLGARE’ sarebbe il nome con il quale venivano chiamati i bulgari dai Traci quando si insediarono nell’attuale Bulgaria (un paio di millenni fa) e tale nome, o meglio la versione cirillica dello stesso БОЛГАРЕ (che non era però oggetto della domanda di marchio) sarebbe ancora usata da alcuni storici o letterati per riferirsi ai bulgari o alla Bulgaria; a riprova di ciò depositava antichi documenti perlopiù scritti in cirillico e destinati ad ambienti accademici di nicchia della sola Bulgaria.

Ovviamente il Consorzio contestava tale ricostruzione del significato di BOLGARE’, assolutamente incomprensibile dalla stragrande maggioranza dei consumatori di vino europei che, ben lungi dal vederlo quale sinonimo di “bulgari” o della “Bulgaria”, lo avrebbero indubbiamente associato al nostro celebre vino BOLGHERI.

Nel marzo 2018, intanto, la Domain Boyar lanciava la sua linea di vini a marchio BOLGARE’ in Europa, venduti addirittura su Amazon (ma con espressa esclusione di vendita in Italia…) e ad aprile 2019 depositava domanda per il marchio BOLGARE’ anche negli States, principale mercato del nostro pregiato BOLGHERI, ma tale domanda veniva rapidamente bloccata tramite opposizione da parte del Consorzio. Interessante notare che nella domanda di marchio USA, la Domain Boyar dichiarava che il marchio BOLGARE’ era privo di significato…

Nel dicembre 2018, dopo lo scambio delle memorie delle parti, fece ben sperare il rinvio alla Divisione di Esame dell’EUIPO per rivalutare gli impedimenti assoluti alla registrazione della domanda di marchio BOLGARE’. E’ noto infatti che la riforma del marchio dell’Unione Europea (Regolamento UE n. 2015/2424, poi ripreso in forma consolidata dal Regolamento UE n. 1001/2017) ha aggiunto il conflitto con DOP/IGP anteriori tra i motivi assoluti che impediscono la registrazione di un marchio dell’UE (art. 7(1)(j)).

A sorpresa, a maggio 2019 la Divisione d’Esame dell’EUIPO comunicò invece che non sussistevano, a suo avviso, motivi per rigettare la domanda di marchio per impedimenti assoluti e che veniva quindi riaperto il procedimento di opposizione.

La prima decisione della Divisione di Opposizione

A settembre 2019, contrariamente ad ogni aspettativa, la Divisione di Opposizione dell’EUIPO, purtroppo, rigettava l’opposizione del Consorzio, non ritendo sussistente alcun conflitto tra il marchio BOLGARE’ e il marchio collettivo BOLGHERI o la DOP BLGHERI.

Per quanto riguarda l’esame del rischio di confusione tra i marchi, la Divisione di Opposizione riteneva il marchio BOLGARE’ molto simile al marchio BOLGHERI da un punto di vista grafico e fonetico ma concettualmente diverso, in particolare nei paesi dell’est Europa dove i consumatori sarebbero in grado di comprendere la valenza concettuale del marchio BOLGARE’ come riferimento alla Bulgaria o al popolo bulgaro e sosteneva la debolezza del marchio BOLGHERI, che indicherebbe al consumatore di riferimento europeo solo la località geografica nota per il suo vino. Un paio di osservazioni nascono spontanee. In primis, quale sarebbe allora il valore della deroga geografica dei marchi collettivi se comunque un marchio collettivo costituito da un toponimo è considerato praticamente privo di distinvità? In secundis, è evidente che Bolgheri, frazione di Castagneto Carducci di soli 131 abitanti, sarebbe geograficamente ignota se non fosse per il suo celebre vino e allora non potremmo parlare di “secondary meaning” e addirittura di marchio notorio in relazione al toponimo BOLGHERI associato al vino? E invece la Divisione di prima istanza stroncava anche la base di opposizione del marchio notorio, osservando che notoria è la DOP e non il marchio. Eppure, non è proprio a tutela delle denominazioni che l’EUIPO concede ai Consorzi, e solo ai Consorzi, la possibilità di registrare anche come marchi denominativi le DOP/IGP? A quale scopo se poi tali marchi non sono di fatto azionabili?

Per quanto riguarda il secondo motivo di opposizione basato sul conflitto con la DOP BOLGHERI, il ragionamento degli esaminatori appariva altrettanto claudicante. Pur riconoscendo che potrebbe esserci evocazione della DOP BOLGHERI da parte del marchio BOLGARE’ e che il concetto di “evocazione” prescinde da un effettivo rischio di confusione per il pubblico, e nonostante l’identità dei prodotti, gli esaminatori davano alla fine rilevanza alla mancanza di mala fede, di intento parassitario di agganciamento alla DOP BOLGHERI, e ritenevano che la somiglianza dei segni BOLGHERI e BOLGARE’ fosse dovuta ad un “caso fortuito”, che giustificherebbe l’adozione di un marchio simile ad una DOP, e quindi concludevano per l’assenza di evocazione della DOP BOLGHERI. Eppure, la “mala fede” non è certo uno dei requisiti legali che deve sussistere ai sensi dell’art. 103.2 del Reg. UE n. 1308/2013, né la coincidenza linguistica fortuita una scriminante.

La decisione d’appello

A gennaio 2020 il Consorzio presentava quindi opposizione alla Commissione dei Ricorsi rilevando tutti i suddetti errori di valutazione da parte della Commissione di Opposizione e presentando a sostegno solida giurisprudenza della Corte di Giustizia, per concludere che l’”evocazione” è un criterio oggettivo che prescinde dalla prova della mala fede così come dall’etimologia del marchio evocativo, laddove il significato può essere compreso solo da una parte dei consumatori europei di riferimento.

Dopo lo scambio di memorie delle parti, ciascuna ferma sulle proprie posizioni iniziali, cade un lungo silenzio dell’EUIPO, durato circa 18 mesi, che ci ha dato l’impressione che la Divisione di Opposizione fosse molto dibattuta sul da farsi e quasi in attesa di ulteriori indicazioni da parte della Corte di Giustizia sulla portata del concetto di evocazione; indicazioni che arrivano finalmente con la sentenza del 9 settembre 2021 nella causa n. C-783/19, che giudicava il marchio spagnolo CHAMPANILLO usato per promuovere dei bar di tapas (e non per vino), evocativo della DOP CHAMPAGNE, allargando così ancor di più l’ambito di protezione delle denominazioni d’origine a ricomprendere anche la tutela contro l’uso illecito non per prodotti comparabili ma addirittura per servizi (in questo caso servizi di ristorazione) e ribadendo ancora una volta che la denominazione protetta può essere tutelata, come sancito dall’art. 103.2(b), anche in caso di “evocazione” della denominazione così come interpretata dalla stessa Corte di Giustizia nella sentenza Scotch Whisky, C-44/17 e cioè si può avere “evocazione” quando il segno contestato incorpori una parte di una DOP/IGP, oppure se vi è un’affinità fonetica e visiva tra il segno contestato e la DOP/IGP ma anche se vi è solo una “vicinanza concettuale” tra i segni, e in ultima analisi in ogni caso in cui il consumatore europeo medio stabilisca un nesso mentale, sufficientemente chiaro e diretto, tra il termine utilizzato per designare il prodotto in questione e l’indicazione protetta. Inoltre, sottolinea la Corte, non rileva il fatto che l’evocazione non sussista per i consumatori di uno o due stati membri, dovendosi avere riguardo all’intero territorio dell’Unione Europea ed è anzi sufficiente che tale evocazione sussista anche solo in un paese membro. Ma ancora la decisione CHAMPANILLO è importante perché la Corte chiarisce che, essendo il regime di protezione delle denominazioni d’origine un regime oggettivo, esso non richiede di dimostrare dolo o colpa, e prescinde dall’accertamento di un rapporto di concorrenza tra i prodotti così come dall’esistenza di un rischio di confusione, né è subordinato all’accertamento di un tentativo di concorrenza sleale.

Il 21 marzo 2022, legittimata dalla Corte di Giustizia, la Board of Appeal dell’EUIPO ha finalmente emesso la decisione nell’opposizione BOLGHERI c. BOLGARE’ che accoglie tutti i nostri argomenti e rigetta in toto la domanda di marchio BOLGARE’.

In merito al confronto tra i segni BOLGHERI e BOLGARE’, la Commissione prende in esame il consumatore di riferimento italiano (e non più solo quello dei paesi dell’est) e conclude che “BOLGARE’ è visivamente e foneticamente sorprendentemente simile (“strikingly similar”) alla DOP BOLGHERI”. Per il principio di economia processuale, non viene esaminata la somiglianza dei segni in tutti i paesi dell’UE, poiché è sufficiente che il rischio sussista in un solo Paese per respingere la domanda di marchio.

Per quanto riguarda i prodotti coperti dal marchio BOLGARE’, la Commissione ritiene che essendo tutti prodotti che contengono alcol, l’evocazione della DOP sussiste e comunque la recente decisione della Corte di Giustizia sul caso CHAMPANILLO ha chiarito che l’evocazione prescinde dall’affinità dei prodotti.

Data la forte somiglianza dei segni e la prossimità dei prodotti, la Commissione conclude la valutazione globale dell’evocazione affermando che “è probabile che il consumatore italiano di riferimento stabilisca un legame sufficientemente chiaro e diretto tra il segno contestato BOLGARE’ e la DOP BOLGHERI”.

Infine, rigetta l’argomento della buona fede della controparte nella scelta del nome BOLGARE’ accogliendo il nostro argomento che l’evocazione è un criterio oggettivo e prescinde dalle intenzioni della Domain Boyar, rilevando che avrebbe anzi essa dovuto fare ricerche di anteriorità più approfondite per evitare di adottare un marchio che presenta una così forte somiglianza con una DOP già registrata per vino.

La seconda base della nostra opposizione, la contraffazione del marchio collettivo BOLGHERI, non viene presa in esame, sempre il principio di economia processuale, essendo l’appello già pienamente vittorioso sulla base della DOP.

Conclusioni

La decisione della Commissione dei Ricorsi dell’EUIPO nell’opposizione BOLGHERI c. BOLGARE’ conferma l’intento dell’Unione Europea di allargare l’ambito di protezione delle DOP e IGP a tutti i casi evocazione oggettiva della denominazione e ribadisce il monito a tutti i produttori di considerare le denominazioni d’origine quali anteriorità invalidanti alla stregua dei marchi e degli altri segni distintivi, nel processo di scelta dei propri marchi.