Autore: Nadia Adani

Articolo pubblicato in Bugnion News n.13 (Novembre 2015)

“Figlio mio, lo vedi tutto questo?
Ebbene sì, una volta qui era tutta campagna pubblicitaria” recita una canzone di Fedez.

Ma non staremo esagerando con lo scalpore suscitato dalla notizia della censura avvenuta ai danni del rapper italiano Fedez?
Ebbene sì, il Ministero dello Sviluppo Economico ha rigettato in prima istanza, la domanda di registrazione del marchio POP HOOLISTA raffigurante la copertina dell’album del cantante. La motivazione alla base del rilievo ministeriale è che il marchio richiesto è contrario all’ordine pubblico e al buon costume secondo quanto previsto dall’art. 14. Comma 1 del Codice di Proprietà Industriale.

Ciò che lascia perplessi nella vicenda è come un rilievo ministeriale si sia immediatamente tramutato in una guerra mediatica in cui il rapper –ed i suoi avvocati- urlano alla censura e parlano di limitazione dell’espressione altrui, scomodando addirittura l’art. 21 della Costituzione Italiana sulla libertà di espressione.

Forse è bene, anche per calmare un po’ gli animi, fare un po’ di chiarezza sui diritti conferiti al marchio registrato e sulle competenze del MISE.

Il marchio è innanzitutto un segno; un segno distintivo certo, ma anche un segno di comunicazione che porta con sé precisi messaggi rivolti al pubblico. Se da una parte c’è una responsabilità del richiedente riguardo al messaggio che vuole trasmettere (e questo nessuno lo ha messo in discussione), dall’altra c’è una responsabilità dello Stato di riconoscere come condivisibile il messaggio che si vuole comunicare attraverso la concessione della registrazione di marchio.

La parte grafica del marchio in questione è caratterizzata da un poliziotto a cavallo (più verosimilmente un unicorno) che alza un frustino contro il cantante chinato e raffigurato nell’atto di vomitare un arcobaleno. Ora, il reale messaggio che Fedez voleva comunicare non ci è dato di conoscerlo e non è nemmeno nostro compito volerlo interpretare, tuttavia è impossibile negare che l’immagine rappresentata possa essere forte.

L’art. 14 comma 1 del Cpi, riproposto peraltro in quasi tutti gli ordinamenti, è volto unicamente ad evitare registrazioni di marchi contenenti raffigurazioni o parole che possano risultare offensive o volte a screditare le istituzioni come, ahimè, potrebbe apparire in questo caso.
Ciò che è stato valutato è dunque la contrarietà del segno sulla base delle potenzialità espressive e comunicative di quest’ultimo che il Ministero, come istituto pubblico, ha probabilmente ritenuto di non poter condividere.

L’eventuale rigetto della registrazione di marchio per contrarietà all’ordine pubblico e al buon costume non è peraltro ostativo alla tutela prevista per il diritto d’autore di cui l’immagine dell’album gode dal momento della sua creazione e che può legittimamente essere utilizzata per perseguire eventuali contraffattori di cd o magliette riproducenti l’immagine in questione.

Quindi cari fan di Fedez, state tranquilli perché il Ministero non ha voluto in alcun modo tarpare le ali alla creatività del nostro rapper preferito; ha semplicemente applicato, legittimamente, una norma prevista dall’ordinamento volta a tutelare il senso morale dei cittadini, potenzialmente urtati dalla raffigurazione aggressiva del corpo di polizia.

In ogni caso, come previsto dall’art. 173 comma 7 Cpi, il cantante avrà modo di presentare le proprie osservazioni spiegando il suo punto di vista sul contenuto del marchio e ciò che realmente significa e chissà che non convinca il Ministero ad accogliere la registrazione.

Non ci rimane quindi che augurargli buona fortuna!

© BUGNION S.p.A. – Novembre 2015