Bugnion e Consorzio Bolgheri vincono la battaglia del Marchio contro Bolgaré. Il ricorso di Domaine Boyar viene giudicato definitivamente e manifestamente infondato perché il marchio Bolgaré è evocativo della denominazione.

Il caso Bolgheri vs Bolgaré

Dopo 6 anni di attesa si può fortunatamente scrivere il lieto fine di una vicenda che ha visto minacciate le denominazioni d’origine Bolgheri, in uno scenario che altre DOP italiane hanno vissuto o stando vivendo. Nel 2017 infatti il Domaine Boyar, la maggiore azienda vinicola della Bulgaria, aveva fatto domanda presso l’ufficio marchi europeo, l’EUIPO, per registrare il marchio “Bolgaré” nella classe dei prodotti alcolici. Sorprendentemente, l’opposizione presentata dal Consorzio fu respinta ed è stato necessario attendere fino allo scorso marzo quando l’EUIPO accolse interamente l’appello del Consorzio.

La sentenza

A seguito di questo, la controparte bulgara impugnò la decisione di fronte al Tribunale dell’Unione Europea che, dopo circa un anno, si è ora espresso in maniera definitiva e inequivocabile sulla questione. Il massimo Tribunale comunitario ha sentenziato senza fissare nemmeno l’udienza, poiché i giudici, leggendo la difesa del Consorzio oltre che la decisione dell’EUIPO, hanno ritenuto il ricorso bulgaro manifestamente infondato. La sentenza recita che il marchio “Bolgaré” è idoneo a evocare, nella mente del pubblico di riferimento, la DOP “Bolgheri”.

L’estremo tentativo di Bolgaré

In particolare, il Tribunale ha aggiunto che tale circostanza non può essere messa in discussione dal fatto, sostenuto dalla controparte, che il pubblico di riferimento potrebbe percepire il marchio “Bolgaré” come un riferimento alla Bulgaria. E infatti, secondo il Tribunale, tale circostanza, anche se fosse accertata, non è sufficiente ad impedire che il pubblico, di fronte al marchio “Bolgaré”, abbia anche in mente l’immagine del prodotto coperto dalla DOP “Bolgheri”. In particolare, tra i due termini sussistono: 1) somiglianza fonetica, 2) numero simile di lettere, di cui le prime quattro uguali, 3) identità di prodotti 4) somiglianza figurativa nei caratteri di scrittura. Questa sentenza risulta avere un’importanza che va ben oltre gli interessi del territorio bolgherese: sarà un precedente fondamentale per la protezione delle denominazioni d’origine italiane ed europee.

Il commento: Paola Stefanelli

La battaglia legale sul Marchio

Ho avuto l’onore e l’onere di assistere il Consorzio di Bolgheri in questa vertenza per 6 lunghi anni e fin dai primi due gradi di giudizio davanti all’EUIPO (l’Ufficio dei marchi dell’Unione Europea), condividendo con loro la bruciante delusione della prima decisione di rigetto della nostra opposizione che aveva ritenuto il marchio BOLGARE’ un mero riferimento al popolo bulgaro e non un palese tentativo di evocazione della DOP BOLGHERI e poi esultando con loro per la decisione della Commissione dei Ricorsi dell’EUIPO che aveva ribaltato quella decisione e riconosciuto il marchio BOLGARE’, evidentemente simile alla DOP BOLGHERI, e il rischio per il consumatore italiano di associare erroneamente la denominazione italiana e il marchio bulgaro. Quella decisione, se da un lato aveva ribadito la massima tutela delle denominazioni contro ogni tipo di evocazione, dall’altro aveva però suggerito che in una parte dell’UE l’evocazione non sussisteva perché il termine BOLGARE’, per motivi storici o linguistici, poteva essere associato alla Bulgaria o al popolo bulgaro, anziché alla DOP BOLGHERI.

La difesa di Bugnion

L’attesissima sentenza del Tribunale dell’UE non lascia invece alcun dubbio, il marchio BOLGARE’ evoca la DOP “Bolgheri” e tale circostanza non può essere messa in discussione dal fatto, sostenuto da controparte, che il pubblico di riferimento potrebbe percepire il marchio “Bolgaré” come un riferimento alla Bulgaria. E infatti, secondo il Tribunale, tale circostanza, anche se fosse accertata, non è sufficiente ad impedire che il pubblico, di fronte al marchio “Bolgaré”, abbia anche in mente l’immagine del prodotto coperto dalla DOP “Bolgheri”. 
Il Tribunale ha dunque concluso per il rigetto del ricorso presentato dalla Domain Boyar in quanto manifestamente infondato in diritto. E’ bastata la nostra difesa, presentata in collaborazione con gli Avv. Nicoletta Colombo e Daniele Caneva di EY, per far ritenere al Tribunale dell’UE che ci fossero elementi sufficienti per decidere senza nemmeno proseguire il procedimento. Si tratta, in buona sostanza, del miglior risultato che si potesse auspicare. Il Tribunale ha altresì provveduto a condannare controparte al pagamento delle spese sostenute dal Consorzio.