Autore: Silvia Grazioli

Nell’ultimo decennio, la crescente diffusione e l’utilizzo degli strumenti offerti dal web ha stravolto i modelli tradizionali della pubblicità e determinato un cambiamento radicale del suo linguaggio, soprattutto delle modalità e delle abitudini di comunicazione della stessa.

In particolare, i brand hanno iniziato ad investire gran parte del loro budget sui social network che si stanno dimostrando lo strumento più efficace e diretto per raggiungere un pubblico assai vasto di potenziali clienti, motivo per cui le aziende decidono di utilizzarli sempre più spesso per la pubblicità e la promozione del proprio brand.

In questo nuovo contesto un ruolo preponderante è occupato dai c.d. “influencer”, che ad oggi rappresentano uno degli strumenti di marketing più efficaci grazie soprattutto all’immediatezza del messaggio che trasmettono e al fatto che includono l’attività promozionale nella vita di tutti i giorni, rendendola sostanzialmente indistinguibile dal quotidiano.

A livello giuridico non esiste una definizione di “influencer”, tuttavia, in ambito nazionale, l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria ha identificato queste figure come “soggetti che hanno la capacità di influenzare i consumatori nella scelta di un prodotto o nel giudizio su un brand. Si tratta di soggetti che hanno acquisito particolare prestigio e autorevolezza per l’esperienza e la conoscenza maturata in un certo ambito o settore, come ad esempio noti blogger che hanno online un largo seguito di pubblico”.

Data l’attenzione crescente suscitata dagli Influencer nel web, anche le aziende hanno dovuto riconoscere il forte appeal di questi personaggi e la loro indubbia capacità di orientare le decisioni d’acquisto di altre persone, così sempre più spesso decidono di intraprendere con loro rapporti di collaborazione, servendosi appunto della loro popolarità e personalità.

Si è così venuta a creare la definizione di “Influencer marketing” per indicare appunto quell’insieme di strategie di marketing che prevedono il coinvolgimento e l’uso delle qualità di un influencer, per creare relazioni profittevoli con potenziali clienti e perseguire finalità pubblicitarie.

Spesso, in questi casi il consumatore si imbatte in comunicazioni commerciali di natura pubblicitaria, realizzate appunto dall’Influencer sul proprio profilo e diventa essenziale sia per il Brand sia per l’influencer ingaggiato perseguire quelle regole necessarie per evitare che il consumatore possa in qualche modo essere fuorviato o comunque ingannato dal contenuto del messaggio.

Un aspetto fondamentale per l’Influencer marketing deve essere quello di garantire ai consumatori la massima chiarezza e trasparenza sul contenuto pubblicitario delle comunicazioni, così da renderli consapevoli che si trovano di fronte ad un messaggio pubblicitario e non ad un racconto spontaneo e disinteressato.

Ma in questo campo oggi le regole sono tutt’altro che chiare.

Non esiste ancora una legge unica e specifica che disciplini il fenomeno degli influencer e del web marketing. Siamo piuttosto dinanzi ad un complesso di normative di varia natura: in materia di privacy, diritto d’autore, tutela dei consumatori, concorsi e manifestazioni a premio, autodisciplina della Comunicazione commerciale, Digital Chart Iap, codice civile.

L’assenza di una guida normativa che riepiloghi e chiarisca le regole del gioco, da un lato, non facilita le aziende nell’operatività sui social esponendo le stesse, come anche gli Inflencer, a rischi sanzionatori e risarcitori. Ma dall’altro lato, si rischia anche di compromettere il diritto dei consumatori alla chiarezza e trasparenza nelle comunicazioni che possono influenzare gli acquisti.

Nel quadro attuale, tra le diverse regolamentazioni e principi normativi prevale la conformità alla regola generale della trasparenza e alle disposizioni contenute nel Codice del Consumo a tutela dei consumatori, per cui si è in presenza di una pubblicità non trasparente quando il testimonial, l’Influencer, occulta la natura promozionale di un messaggio, conferendo allo stesso una veste informativa o comunque neutrale, così abbassando la soglia di attenzione del consumatore e ponendo in essere una pratica commerciale scorretta in violazione degli artt. 22 e 23 del D.Lgs. n. 206/2005 (“Codice del Consumo”).

Oltre al Codice del Consumo in materia pubblicitaria un ruolo fondamentale viene rivestito dall’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (ossia, lo IAP https://www.iap.it/ ), che nel giugno 2016 ha emanato la c.d. Digital Chart, una sorta di codice di comportamento in relazione alle nuove forme di comunicazione commerciale nel mondo digitale che fornisce utili indicazioni per il rispetto della normativa pubblicitaria attraverso le nuove forme di comunicazione commerciale, ed in particolare sui social network, offrendo agli operatori strumenti concreti per rendere riconoscibile e trasparente la comunicazione commerciale online (https://www.iap.it/digital-chart-pubblicita-sui-social/ ).

La Digital Chart, sebbene non vincolante, costituisce un punto di riferimento cruciale che raccoglie le indicazioni del Codice di Autodisciplina e attribuisce alle stesse un contenuto, per così dire, più “pragmatico” affinché quest’ultimo venga rispettato anche nella comunicazione online. Le linee guida della digital chart richiedono espressamente all’influencer l’utilizzo di determinati hashtags, come ad esempio quello di indicare nella parte iniziale del post il termine pubblicità/advertising per chiarire fin dall’inizio il rapporto commerciale esistente tra l’influencer e il brand che sta promuovendo. Nel documento si prevede altresì che se l’azienda invia, anche occasionalmente, i suoi prodotti alla celebrity/influencer e quest’ultima li cita in un suo posto o video, si richiede l’inclusione di un disclaimer, quale, ad esempio, “prodotto inviato da/ gifted by/supplied by” seguito dal nome del brand.

A supportare l’attuale quadro normativo, è intervenuta anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, l’AGCM, che con il provvedimento n. 27787 del 22 maggio 2019 ha concluso il primo procedimento istruttorio in materia di influencer marketing, azionato nei confronti di Alitalia S.p.A, Aeffe S.p.A. – società di Alberta Ferretti – e vari personaggi noti ed influencer italiani (https://www.agcm.it/dotcmsCustom/tc/2024/6/getDominoAttach?urlStr=192.168.14.10:8080/C12560D000291394/0/E6B624BBD0F6A573C12584150049D1EE/$File/p27787.pdf )

Sebbene il procedimento sia stato chiuso senza accertare alcuna infrazione, l’AGCM ha deliberato, tuttavia, l’obbligatorietà degli impegni proposti da ciascun professionista e ribadendo le best practices con un espresso richiamo ai principi ricavabili dagli interventi dell’Autorità e da quelli dello IAP, compresa la Digital Chart.

In particolare, l’AGCM ha precisato l’obbligo di rendere chiaramente riconoscibile la finalità promozionale, ove sussistente, in relazione a tutti i contenuti diffusi mediante social media, attraverso l’inserimento di avvertenze, quali, a titolo esemplificativo, #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzioneapagamento, o, nel caso di fornitura del bene ancorché a titolo gratuito, #prodottofornitoda; diciture alle quali far sempre seguire il nome del marchio.

Anche nel mondo della pubblicità digitale ed in particolare dell’Influnecer marketing, risulta dunque essenziale e imprescindibile che il consumatore sia sempre chiaramente e immediatamente informato che si tratti di comunicazione commerciale e non di espressione di opinioni personali.

Di fatto, tuttavia, allorché così non fosse, siamo consapevoli che il nostro quadro normativo risulta comunque lacunoso e non ancora pronto a disciplinare il fenomeno della pubblicità occulta diffusa in rete.

Proprio per l’assenza di una regolamentazione specifica ed unitaria, i rischi connessi alla regolamentazione del rapporto di collaborazione tra azienda ed influencer sono esposti a rischi a volte elevati ed è per queste ragioni che è sempre più importante e consigliato un approccio professionale che deve passare anzitutto da un contratto, che regoli in maniera precisa e dettagliata le obbligazioni delle parti, le modalità di esecuzione delle prestazioni, e che contenga tutte quelle clausole in grado di tutelare l’azienda e prevenire azioni che potrebbero avere un impatto negativo sul brand.

Avere un contratto significa infatti senza alcun dubbio assicurarsi una maggior tutela su elementi quali le caratteristiche della collaborazione, del materiale prodotto, del rispetto delle regole sulla trasparenza.

Vi invitiamo pertanto a rivolgerVi ai professionisti Bugnion se volete approfondire i contenuti sopra esposti o verificare l’esigenza di confrontarvi in merito ai rischi legali ed individuare gli strumenti idonei a ridurre i rischi di sanzioni.

Silvia Grazioli (Bugnion ADV Legal Team)