Articolo pubblicato in Bugnion News n.53 (Ottobre 2021)

Alzi la mano chi non possiede al giorno d’oggi un cellulare o meglio ancora uno smartphone che non sia in grado di poter scattare una fotografia.

Siamo tutti colpevoli.

Ormai ogni attimo della vita quotidiana è catturato dalla fotocamera dei nostri cellulari. Possiamo senz’altro dire che siamo nell’era delle fotografie digitali. Basti pensare che secondo una recente stima redatta da Keypoint Intelligence alla fine del 2021 verranno scattate ben 1,44 bilioni di fotografie.

Trattasi di un numero impressionante, facendo un rapido calcolo dividendo il totale delle fotografie con il numero della popolazione mondiale (7,5 miliardi), si ottiene che ogni anno ciascuna persona scatta in media 185 foto.

Avuto riguardo alla portata del fenomeno, spesso ci si domanda: Si possono riprodurre fotografie di terzi (ad esempio sui propri profili social) che sono reperibili online? Qual è la tutela applicabile?

In Italia le risposte si trovano ancora una volta nella L. n. 633 del 1941 la cosiddetta Legge sul Diritto d’Autore (L.D.A.), così come modificata dal D.P.R. 19/79 e dalla L. n. 248/2000.

In particolare, la disciplina di riferimento attua una fondamentale distinzione tra opere fotografiche e fotografie semplici.

Le prime, seppur prive di una definizione legislativa, ricadono sotto la previsione dell’art.2 n. 7 L.D.A. le cosiddette “foto artistiche” che godono della tutela d’autore, essendo annoverate tre le opere dell’ingegno.

L’autore (il fotografo) ha il diritto esclusivo di pubblicazione e di utilizzazione economica dell’opera, oltre al diritto morale di attribuzione della paternità dell’opera stessa.

In sostanza, l’autore di un’opera è titolare di un duplice diritto, ovvero:

  • un diritto morale (imprescrittibile), cioè quello di essere riconosciuto quale autore dell’opera;
  • un diritto patrimoniale, collegato allo sfruttamento economico dell’opera stessa, mediante vendita, distribuzione, cessione, concessione in licenza etc.

Quindi è vietato a soggetti terzi qualsiasi tipo di utilizzazione della foto, salvo il previo esplicito consenso da parte dell’autore che spesso e volentieri prevede un compenso economico.

La protezione presenta una durata che si estende fino a 70 anni dopo la morte dell’autore. Decorso tale termine l’opera diviene di dominio pubblico e conseguentemente non più coperta dal diritto d’autore per quanto concerne gli aspetti patrimoniali.

Le fotografie semplici, vale a dire le “immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale o sociale”, prive del carattere creativo, sono invece tutelate più limitatamente, ai sensi degli artt.87 e ss. L.D.A., come tipici diritti connessi. La protezione dura 20 anni decorrenti dalla data di pubblicazione.

In relazione a quest’ultime la normativa impone che sulla foto sia menzionato il nome dell’autore e l’anno di pubblicazione della foto.

Ne discende che qualora la foto non presenti le indicazioni soprariportate, la sua riproduzione da parte di soggetti terzi, seppur priva dell’autorizzazione dell’autore, non può considerarsi abusiva e nessun compenso è dovuto, salvo che non venga provata la malafede del riproduttore.  

Ciò premesso, la domanda viene spontanea: Come si fa a riconoscere quando una foto debba considerarsi un’opera fotografica od una fotografia semplice?

Il confine non è agevole e spetta al giudice valutare una serie di criteri in grado di poter qualificare correttamente a quale delle due categorie appartiene la foto.

Sul punto, la recente sentenza n. 2539/2020 del Tribunale di Milano Sez. Specializzata in materia di impresa ha consolidato un principio di diritto che si era già in precedenza affermato, in forza del quale: “il discrimine tra ‘opera protetta’ e semplice fotografia […]sia incentrato, […] nella capacità creativa dell’autore, vale a dire nella sua impronta personale, nella scelta e studio del soggetto da rappresentare, così come nel momento esecutivo di realizzazione e rielaborazione dello scatto, tali da suscitare suggestioni che trascendono il comune aspetto della realtà rappresentata”.

Si desume dal principio soprariportato che è necessario che la fotografia presenti quel qualcosa in più indispensabile a rendere l’opera il frutto della personalizzazione dell’autore.

In ogni caso, la questione ad oggi è ancora molto dibattuta e viene risolta caso per caso.

In questo contesto giurisprudenziale si inserisce la già richiamata obsoleta oltre che frammentata normativa sul diritto d’autore che non fa altro che favorire il proliferarsi di fenomeni giuridici dalla dubbia legittimità, come il caso del Copyright Troll (“Troll del diritto d’autore”).

Innanzitutto, per Copyright Troll si intende quella prassi sempre più diffusa che coinvolge agenzie specializzate o studi legali che dopo aver acquistato diritti di sfruttamento limitati su opere protette (come ad esempio foto, film etc.), in realtà non li sfruttano, ma si limitano a chiedere il risarcimento del danno alle persone che presumibilmente violano tali diritti sotto la minaccia di agire in via giudiziale.

Sostanzialmente, questi soggetti agiscono in nome e per conto di fotografi o di agenzie di stampa, mediante l’invio di una lettera dal contenuto marcatamente aggressivo in cui vengono contestate violazioni di copyright legate all’illecita riproduzione di fotografie (senza consenso) su proprie pagine web, social, etc.

Chiaramente, richiedono al presunto autore delle violazioni il pagamento di un importo forfettario (sulla base di criteri quantitativi a noi sconosciuti), con tanto di screenshot diretto a testimoniare l’utilizzo illecito dell’immagine. Inoltre, oltre al pagamento si richiede la sottoscrizione di un accordo che spesso e volentieri prevede altresì l’ammissione di colpa.

Il tutto, come anticipato, condito dalla minaccia che in assenza di pagamento e sottoscrizione dell’accordo si procederà per vie legali.

Arrivati a questo punto, ci si domanda: queste attività sono lecite? Ma soprattutto come reagire?

Innanzitutto, per rispondere a queste domande si rende necessaria una doverosa premessa.

Invero, queste agenzie utilizzano server di scansione automatica che sono in grado, ad anni di distanza, di individuare ogni tipologia di immagine presente sul web.

Una volta rilevata la corrispondenza tra la fotografia di cui le agenzie sono titolari dei diritti e la fotografia magari da voi pubblicata sul vostro profilo Facebook od Instagram in buona fede (senza la consapevolezza che fosse coperta dal diritto d’autore), parte la contestazione.

Queste agenzie puntano sulla legge dei “grandi numeri”, inviando richieste di massa, facendo affidamento che molti dei soggetti colpiti, intimoriti dal contenuto della lettera, accettino di pagare senza aver compiuto le dovute verifiche.

È importante sottolineare che non c’è nessun controllo preventivo da parte delle agenzie diretto a verificare la sussistenza del diritto, ma come detto, la richiesta si basa esclusivamente sulla corrispondenza tra le immagini.

Ecco perché, una volta arrivata la lettera di contestazione è necessario compiere una serie di verifiche preliminari, tra le quali ricordiamo:

  • Accertare che chi agisce sia titolare della corrispondente licenza sulla fotografia (richiedere copia della licenza) e che soprattutto detenga l’autorizzazione ad agire per conto del fotografo o dell’agenzia di stampa titolare dei diritti;
  • Controllare la fotografia e valutare se rientra nella disciplina dell’opera fotografica o fotografia semplice, con tutte le differenze di tutela analizzate sopra;
  • Verificare che la fotografia non sia stata scaricata, mediante una licenza creative commons, ovvero licenze aperte che non necessitano di un accordo economico con l’autore, posto che lo stesso sia regolarmente citato.

Qualora tutte queste verifiche diano (purtroppo) esito positivo, la richiesta di questi soggetti può apparire, seppur con il già più volte richiamato modus operandi discutibile, legittima.

Ma rimane comunque un’ultima e non trascurabile valutazione di opportunità da compiere.

Infatti, spesso queste società nelle proprie contestazioni richiedono il pagamento di importi di modeste entità (fino ad un massimo di qualche migliaio di euro), minacciando come visto che in assenza del pagamento agiranno in giudizio.

Ora appare quantomeno inverosimile intentare una causa in giudizio (spesso con giurisdizioni transazionali) dal costo elevato per recuperare somme molto più basse rispetto ai costi che un giudizio di tale genere impone. È chiaro che l’intenzione preminente delle agenzie è quella di “passare all’incasso” subito (con richieste di massa), piuttosto che di intavolare cause lunghe ed economicamente dispendiose.

Ciò non toglie, e mi preme sottolinearlo, che non si può escludere aprioristicamente che gli stessi soggetti possano agire in giudizio.

Come si può notare il Copyright Troll è un fenomeno “pericoloso” che presenta un confine labile tra legittimità ed illegittimità.

Recentemente la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza n. 597/2021 è intervenuta, definendo la pratica del Copyright Troll legittima “purché non sia abusiva e risulti essere giustificata e proporzionata”.

In questo contesto, rimane auspicabile un intervento normativo a livello europeo che possa in qualche modo fornire gli strumenti per poter fronteggiare adeguatamente il Copyright Troll.

Infine, se è vero che viviamo in un mondo dove è sempre più facile reperire fotografie online, allo stesso tempo serve una maggiore attenzione, al fine di avere la consapevolezza dei rischi connessi all’eventuale utilizzo illecito delle stesse. Probabilmente ti interessa anche la registrazione del webinar “Utilizzo di foto e immagini sul web e sui social network

© BUGNION S.p.A. – Ottobre 2021

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