Articolo pubblicato in Bugnion News n.29 (Luglio 2018)

Ricordo che da bambina ero affascinata dai buchi nel formaggio. In quelli grandi e rotondi, tipo emmenthal, mi divertiva passarci attraverso con un dito. Solo crescendo ho scoperto che erano opera di piccoli microrganismi che insieme avevano lavorato alacremente per creare spazi vuoti all’interno di un formaggio altrimenti compatto, spazi in cui poter vivere e proliferare, senza alterarne eccessivamente la solidità.

La Commessione Europea ha recentemente presentato una proposta di modifica al Regolamento (CE) 469/2009 per creare un (ulteriore) buco nel formaggio dei certificati di protezione complementare (SPCs) dei medicinali.

I certificati di protezione complementare per i medicinali sono un diritto di proprietà industriale sui generis, che estende fino a cinque anni i diritti esclusiva di un brevetto di base avente ad oggetto un farmaco per il quale è stata ottenuta un’autorizzazione all’immissione in commercio in uno degli stati membri dell’Unione. Gli SPCs farmaceutici mirano a compensare gli originators della perdita di protezione brevettuale effettiva che si verifica a causa dei lunghi test obbligatori e dei trial clinici indispensabili per ottenere l’autorizzazione alla immissione in commercio di un farmaco nel mercato Europeo.

Per gli originators la protezione complementare ha costituito, e costituisce tuttora, un efficace incentivo all’innovazione, promuovendo gli investimenti nella ricerca e sviluppo di nuovi principi attivi all’interno dell’Unione Europea e prevenendo la delocalizzazione della ricerca e della produzione al di fuori dei territori dell’Unione.

Il mercato europeo e mondiale del farmaco sta tuttavia subendo profondi cambiamenti. La domanda mondiale di farmaci è aumentata in maniera significativa, raggiungendo 1.1 trilioni di Euro nel 2017, e con essa è aumentata la quota di mercato detenuta dai farmaci generici e biosimilari. Con un tasso annuo di crescita del 6.9%, si stima che nel 2020 i generici e biosimilari rappresenteranno l’80% del volume dei farmaci in commercio e il 28% del loro valore. E’ stato inoltre stimato che, con lo scadere della protezione brevettuale e complementare, circa 90 miliardi di Euro generati da principi attivi “blockbuster” saranno aperti alla competizione da parte di generici e biosimilari a partire dal 2020. Questo rappresenta una enorme opportunità di crescita economica e occupazionale per le imprese europee.

In questo contesto, i produttori europei di generici e biosimilari si trovano ad affrontare una situazione normativa che li pone in svantaggio rispetto a fabbricanti con sedi produttive al di fuori dell’Europa: durante il periodo in cui sono in vigore SPCs, i fabbricanti europei di generici e biosimilari non possono attualmente produrre per alcuno scopo principi attivi tutelati da brevetto o da un SPC, mentre fabbricanti con sede fuori dall’Europa sono liberi di farlo.

Il formaggio ha dunque bisogno di buchi.

Il primo buco nel formaggio degli SPCs il legislatore europeo lo ha fatto nel 2004 con la modifica alla Direttiva 2001/83/CE sul codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (nota in gergo brevettuale come “Bolar clause”). La Bolar clause prevede una eccezione alla ipotesi di contraffazione per i produttori di farmaci generici e biosimilari che compiono attività volte all’ottenimento di una autorizzazione all’immissione in commercio di un proprio farmaco una volta scaduta la copertura brevettuale o il relativo SPCs (eg. studi e trials clinici per dimostrare la bioequivalenza).

La Bolar clause da sola non è stata sufficiente a colmare il divario tra fabbricanti di prodotti generici e biosimilari con sede nel territorio della UE e fabbricanti degli stesse prodotti con sede al di fuori dell’Europa.

Nella recente consultazione pubblica promossa dalla Commissione Europea, i produttori di farmaci generici e biosimilari hanno evidenziato come l’attuale sistema degli SPCs farmaceutici, pur essendo uno tra i sistemi più tutelanti al mondo per i titolari di tali SPCs, sia per i fabbricanti di farmaci generici e biosimilari con sede in Europa causa di mancato profitto nei paesi in cui la protezione brevettuale non è mai esistita oppure è già scaduta.

L’attuale sistema pone i fabbricanti di generici e biosimilari con sede nell’UE in svantaggio rispetto ai competitors con sede fuori dall’Europa non solo nei mercati globali, ma anche nel cosiddetto mercato interno del giorno-1 (“day-1 EU market”) che si aprirà il giorno successivo allo scadere del brevetto o del certificato complementare.

Il formaggio ha dunque bisogno di ulteriori buchi.

La proposta della Commissione (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=COM%3A2018%3A317%3AFIN) è stata presentata allo scopo di migliorare la competitività dei fabbricanti di prodotti generici e biosimilari con sede in EU e si presenta come una “eccezione”, ovvero una restrizione dell’ambito di esclusiva conferito da un SPC farmaceutico.

Eccezionalmente quindi sarà possibile per fabbricanti di prodotti generici e biosimilari con sede in EU fabbricare prodotti medicinali prima della scadenza del relativo SPC al solo scopo di esportare tali prodotti verso paesi terzi (manufacturing waiver for export purposes), anche importando i principi attivi necessari da paesi terzi.

Nell’intento della Commissione, i medicinali coperti da SPCs manterranno la loro piena esclusività nel mercato interno dell’UE per tutta la durata della protezione complementare, restando espressamente vietata la produzione e l’importazione di prodotti farmaceutici oggetto di SPCs destinati al mercato interno.

Secondo le valutazioni della Commissione, il manufacturing waiver aumenterà la competitività dei produttori europei di generici e biosimilari, prevalentemente SMEs, sui mercati globali, favorendo al contempo gli investimenti nei paesi della UE. Questo potrebbe generare, nei prossimi 10 anni, 1 miliardo di euro netti di esportazioni ulteriori rispetto allo scenario attuale, che si potrebbero sostanziare in un aumento stimato di 20.000/25.000 posti di lavoro nel territorio dell’Unione nell’arco dello stesso periodo.

Ahimè non tutti subiscono il fascino dei buchi nel formaggio.

Nel corso della consultazione pubblica, i titolari di SPCs si sono espressi in maniera fortemente critica verso l’adozione di un manufacturing waiver che, a loro parere, ha l’effetto di scoraggiare le attività di R&D nel territorio dell’UE, nonché di erodere i loro diritti di proprietà industriale e ridurre le loro esportazioni.

Per venire incontro alle preoccupazioni dei titolari di SPCs, la Commissione ha previsto stringenti meccanismi di controllo dei fabbricanti di generici e biosimilari che intendono avvalersi del manufacturing waiver per iniziare a produrre per l’esportazione prima della scadenza degli SPCs.

© BUGNION S.p.A. – Luglio 2018