Autore: Andrea Delbarba

Le aziende farmaceutiche che hanno sviluppato i primi vaccini autorizzati contro il coronavirus, come Pfizer-BioNTech e AstraZeneca, faticano a produrre dosi a sufficienza per rispondere all’altissima domanda da parte dei governi, interessati a vaccinare il maggior numero possibile di persone per fermare la pandemia. La scarsità di vaccini e i rallentamenti nelle consegne hanno portato a confronti molto tesi, come quello tra la Commissione Europea e AstraZeneca nelle scorse settimane, ma sono stati accompagnati anche da un esteso dibattito sull’opportunità di intervenire sui brevetti, in modo che più aziende possano produrre senza limitazioni i pochi tipi di vaccini finora autorizzati.

È di pochi giorni fa la notizia che i Paesi membri dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc/Wto) non hanno raggiunto un accordo su una deroga sui brevetti per la produzione di vaccini contro il Covid-19 che, secondo alcuni Paesi, renderebbe più semplice la produzione dei sieri in regioni del mondo a basso reddito.

Come ricostruiscono l’emittente britannica Bbc e altre fonti della stampa internazionale, l’iniziativa relativa alla deroga sui brevetti e alla sospensione dei diritti di proprietà intellettuale è stata proposta da Sudafrica e India nell’ambito delle discussioni del Consiglio per il Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights (Trips) dell’organismo in corso a Ginevra.

Ma la penuria di dosi di vaccini e la lentezza nella loro produzione possono essere attribuite solo ai brevetti? In altre parole, è tutta colpa dei brevetti la mancanza di vaccini contro il Covid-19?

Forse lo si dà per scontato, ma il primo spunto di riflessione che la crisi Covid ci offre sul dibattuto tema del rapporto tra diritto alla salute e brevetti viene proprio dal fatto che i vaccini ci sono, che sono nati essenzialmente da ricerche condotte dall’industria e che sono arrivati molto prima (e molto più numerosi) di quanto si prevedesse inizialmente. Si tratta di un risultato che non era affatto scontato.

Questi vaccini, infatti, non sono sorti dal nulla, ma poggiano anche su ricerche e su brevetti anteriori alla crisi Covid, sviluppati evidentemente per scopi diversi, ma rivelatisi egualmente utili per questa sfida.

Quindi, dietro a un singolo vaccino spesso ci sono più brevetti, formulazioni e segreti industriali che rendono comunque difficile avviare una produzione senza la collaborazione di chi lo ha sviluppato, come potrebbe avvenire nel caso di una sospensione decisa da un governo per motivi di emergenza. Il vaccino di Pfizer-BioNTech, per esempio, fa riferimento ad almeno una dozzina di brevetti, alcuni dei quali per tecnologie legate alla gestione e produzione dell’RNA messaggero sviluppate negli anni.

Gli impianti per la produzione di uno specifico vaccino devono essere inoltre certificati dalle autorità sanitarie dei paesi in cui si trovano, senza contare i tempi e i costi per avviarli. Soprattutto i vaccini a RNA messaggero richiedono sistemi di produzione diversi da quelli classici, con tempi tecnici per la loro messa a punto. Pfizer-BioNTech, per esempio, hanno avuto difficoltà a potenziare il loro stabilimento in Belgio per la produzione del vaccino, così come ad avviare la realizzazione di nuovi impianti per rispondere più velocemente alla domanda.

Inoltre, la mancanza di vaccini era stata ampiamente preventivata durante tutto il 2020: scienziati di casa nostra e non solo avevano più volte sollevato il problema della produzione dei vaccini, che a differenza dei comuni farmaci, richiedono diversi mesi di preparazione prima di ottenere una dose di vaccino. Prendersela ora solo con i brevetti è alquanto riduttivo e frutto di una visione poco lungimirante degli Stati membri dell’Unione Europea che si sono fatti trovare impreparati, e adesso devono aspettare i ritmi ed i tempi di produzione.

Quindi, è tutta colpa dei brevetti? La risposta è No, perché anche con l’ottenimento di licenze (volontarie od obbligatorie), senza l’aiuto e le conoscenze delle case farmaceutiche, sarebbe davvero difficile aumentare la produzione di vaccini. Infatti, le case farmaceutiche stesse non potrebbero che essere favorevoli alla concessione di licenze sui loro brevetti, visto che si tratterebbe di un ulteriore profitto, rientrando pienamente in una logica di mercato. Tuttavia, come già sopra ripreso, sarebbe impossibile completare la produzione dei vaccini senza l’aiuto delle case farmaceutiche che, oltre alle licenze sui brevetti, dovrebbero fornire anche il loro know-how, ovvero tutto l’insieme delle competenze e dei segreti industriali sviluppati negli anni e che non vengono solitamente descritti nelle domande di brevetto. La strada migliore da percorrere è quella di lavorare insieme e non contro i titolari dei diritti per rendere possibile un aumento della produzione.

© BUGNION S.p.A. – Marzo 2021

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