Autore: Mauro Bronzini

Articolo pubblicato in Bugnion News n.25 (Novembre 2017)

Il settore agroalimentare è in continuo fermento, e i legislatori nazionali sono sempre all’opera per promuovere i prodotti nazionali o per rendere meno … appetibili quelli concorrenti.

L’ Italia è intervenuta recentemente con diversi provvedimenti, ad esempio in materia di origine del grano per la produzione della pasta, e sull’origine del latte.

Il nostro paese ha anche adottato un provvedimento “orizzontale”, che prevede l’obbligo di indicare il luogo di produzione dei prodotti alimentari. Si tratta del Decreto Legislativo n. 145 del 15 settembre 2017, esplicitamente ispirato dalla esigenza di fornire una corretta informazione al consumatore e di garantire la rintracciabilità dell’alimento da parte degli organi di controllo nonché la tutela della salute.
L’applicazione del provvedimento inizierà il 5 aprile 2018.

Il Decreto si applica ad una gamma molto ampia di prodotti alimentari, eccezion fatta per alcuni prodotti già regolamentati come ad esempio vini e spumanti. Per gli alimenti che rientrano nel campo di applicazione del Decreto, e purchè siano destinati al consumatore finale, è obbligatorio riportare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento.

Per ragioni legate al coordinamento con le altre norme che regolano la materia, sono previsti dei casi di “esenzione”, nei quali l’indicazione dello stabilimento può essere omessa. Questo vale, ad esempio, per i prodotti riportanti marchi di identificazione o la bollatura sanitaria previsti da vari regolamenti CE, o ancora nel caso in cui la sede dello stabilimento sia già presente nel marchio.
Trattandosi di una normativa solo nazionale, non europea, sfuggono all’applicazione del decreto (come previsto dall’art. 7) i prodotti legalmente fabbricati o commercializzati in un altro Stato membro della UE (lo stesso vale per gli altri paesi dell’Associazione Europea di libero scambio e la Turchia).

Anche la Francia si è attivata recentemente, introducendo un sistema di classificazione degli alimenti basato su cinque colori (le cosiddette “etichette a semaforo”), dal verde intenso all’arancio intenso, che sarebbero attribuiti in funzione del contenuto di nutrienti considerati positivi e di quelli invece meno salutari.

Inducendo a preferire gli alimenti con più fibre, in particolare frutta e verdura, secondo alcuni osservatori questo sistema discriminerebbe alimenti oggettivamente grassi come ad esempio i formaggi e gli insaccati, che peraltro rappresentano una parte importante dell’export agroalimentare italiano.
Mentre si attende l’applicazione pratica di queste norme nazionali, rimane la necessità di strumenti efficaci a livello europeo per contrastare il fenomeno dell’“Italian sounding”.
Lo conferma il recente caso della “Pasta Milano” e “Pasta San Remo”,

prodotte in Africa da una azienda degli Emirati Arabi e bloccate in Germania sulla base delle norme generali in materia di concorrenza sleale, dato che la normativa tedesca (come peraltro accade in altri Stati) non prevede una tutela specifica per il “made in”.

© BUGNION S.p.A. – Novembre 2017