Articolo pubblicato in Bugnion News n.17 (luglio 2016)

L’ultima volta che Vi ho scritto (v. articolo Sapere è poterenewsletter n.10 del 31 marzo 2015), ho parlato di “economia della conoscenza” e del ruolo che svolge la Proprietà Intellettuale nell’attuale scenario competitivo. Quindi, Vi ho salutati con l’impegno che ci saremo ritrovati per esplorare come sia possibile costruirsi un vantaggio competitivo, interiorizzando la Proprietà Intellettuale a tutti i livelli aziendali: commerciale, finanziario e “corporate”.

Dunque, ben ritrovati.

Vorrei iniziare con una riflessione sul concetto di “competitività”.

La “competitività” rappresenta la capacità di un’impresa di distinguersi dalla concorrenza, per il fatto di offrire al mercato qualcosa di unico. Già negli anni ’40 del secolo scorso, il pubblicitario statunitense Rosser Reeves teorizzava l’importanza di presentarsi sul mercato con una Proposta Unica di Vendita (o USP, Unique Selling Proposition), vale a dire con un’affermazione in grado di spiegare in che modo un prodotto o servizio è unicorispetto alla concorrenza.

Va da sé che per poter formulare una Proposta di Vendita che sia seriamente unica, l’azienda deve intraprendere un percorso di innovazione, che la conduca verso prodotti e servizi innovativi rispetto alla concorrenza. Questo percorso di innovazione potrà condurre a novità tecnologiche, estetiche, artistiche o di marketing.

Inevitabilmente, i concorrenti tenteranno di copiare l’innovazione proposta, generando un appiattimento del mercato, che annacquerà la Proposta Unica di Vendita, facendole perdere l’originaria unicità.

In questa dinamica ricorrente, un’azienda che ha interiorizzato la Proprietà Intellettuale a “livello commerciale”, cioè che è stata in grado di “far sedere allo stesso tavolo” chi si occupa di valori commerciali e chi si occupa di Proprietà Intellettuale, sarà in grado di contrastare efficacemente le iniziative dei concorrenti attraverso l’utilizzo di diritti di brevetto, marchio, design e copyright, tutti diritti IP precostituiti in modo lungimirante sin dall’inizio del percorso di innovazione. Per definizione, la Proprietà Intellettuale difende qualcosa di unico (tecnologia, estetica, nomi commerciali, know-how), quello stesso “qualcosa di unico” che è l’oggetto della Proposta Unica di Vendita. Dunque, interiorizzare la Proprietà Intellettuale a “livello commerciale” significa creare le condizioni per proteggere le caratteristiche uniche di un prodotto/servizio, in modo da preservare l’unicità dell’offerta commerciale e quindi, in ultima analisi, il valore (euro!) di vendita. 

Una volta interiorizzata la Proprietà Intellettuale a livello commerciale è pressoché naturale e immediato ritrovarsi con un portafoglio di diritti IP. A questo punto è necessario interiorizzare la Proprietà Intellettuale anche a “livello finanziario”, vale a dire “far sedere allo stesso tavolo” chi si occupa di aspetti finanziari e chi si occupa di Proprietà Intellettuale, in modo da cogliere le opportunità offerte dal sistema bancario e dalla normativa tributaria. Nell’economia della conoscenza, infatti, il portafoglio di diritti IP racchiude una ricchezza che rappresenta un attivo patrimoniale (spesso “sommerso”) per l’azienda e che, se opportunamente sfruttato, può apportare enormi benefici alle casse aziendali (vedasi recente normativa c.d. “Patent-Box”).

Infine, interiorizzare la Proprietà Intellettuale a “livello corporate” significa “far sedere allo stesso tavolo” chi si occupa di “governance” aziendale e chi si occupa di Proprietà Intellettuale, in modo tale che il portafoglio di diritti IP venga utilizzato per affermare il posizionamento aziendale nelle trattative con terze Parti e per incrementare il potere negoziale nella definizione di alleanze strategiche.

In conclusione, lo scenario economico attuale basato su un’economia della conoscenza impone alle aziende di “pensare IP”, cioè di vedere al di là degli aspetti immediati e materiali della propria offerta commerciale.

Chi, a priori, ritiene che la Proprietà intellettuale siano soldi sprecati, probabilmente non ha alcunché di unico che valga la pena di essere tutelato.

© BUGNION S.p.A. – Luglio 2016