Articolo pubblicato in Bugnion News n.32 (Gennaio 2019)
Per chi non lo sapesse, gennaio e febbraio non sono solo il periodo dei saldi, i mesi del Capricorno e dell’Acquario e il cuore delle vacanze estive degli studenti australiani, ma sono anche i mesi caldi della cosiddetta “Movie Award Season”. Si inizia con la serata dei Golden Globes, i premi assegnati dai membri della stampa estera iscritti all’Hollywood Foreign Press Association, si continua a Londra per i premi della British Academy of Film and Television Arts e si conclude al Dolby Theatre di Los Angeles con gli Academy Awards, noti anche come gli “Oscar”.
Questo periodo è ricco di serate di gala, party, eventi promozionali di ogni tipo, tutti accomunati dalla stessa cerimonia: la sfilata sul red carpet. Da un lato del cordone rosso folle di fotografi da tutto il mondo che scattano migliaia di foto e giornalisti che si accalcano per strappare una breve intervista, dall’altro lato le star, sempre bellissime e (quasi) sempre elegantissime. Sul tappeto rosso le star toccano il punto più alto della loro visibilità al livello planetario e, allo stesso modo, tutto ciò che le circonda viene in pochi minuti rimbalzato nelle tv di tutto il pianeta, raggiungendo un pubblico di potenziali consumatori enorme.
Gli ultimi Golden Globe, ad esempio, verranno ricordati per la spettacolare mise che la cantante ed attrice Lady Gaga ha sfoggiato per l’occasione, uno splendido Valentino Couture ceruleo con uno strascico chilometrico ed una parure di diamanti Tiffany & Co. di valore inestimabile. Ma anche per la misteriosa ragazza in blu che appare in tutte le foto del red carpet mentre porge delle bottiglie di acqua Fiji al VIP di turno. L’alto e il basso, i diamanti e l’acqua in bottiglia di plastica, tutto pubblicato e ripubblicato milioni di volte da centinaia di giornali, siti web e televisioni di tutto il mondo: una pubblicità enorme, solo apparentemente “gratuita”.
E che non si faccia l’errore di credere che l’esclusività degli abiti o dei gioielli indossati renda questa visibilità sostanzialmente inutile, perché rivolta ad un pubblico che né oggi né mai potrà avvicinarsi a tali prodotti! Non ci si deve dimenticare, infatti, che Valentino vende anche profumi e Tiffany gioielli in argento della linea Return to Tiffany, tutti prodotti da poche centinaia di euro, facilmente accessibili ad un pubblico vastissimo e in buona parte sovrapponibile con quello di questi eventi.
Ovviamente Lady Gaga non ha aperto il suo guardaroba e preso il capo che meglio si adattava al suo nuovo colore di capelli, abbinandolo al collier di diamanti multimilionario della nonna, né gli organizzatori dei Golden Globe hanno pensato che gli attori, prosciugati dai mille flash, avessero bisogno di una bottiglia d’acqua. Infatti, niente di quello che viene mostrato sul red carpet, dai vestiti alle bevande, dalle ciglia finte alle forcine per capelli, è casuale, tutto è frutto di un’attenta trattativa in cui gli investimenti economici hanno valori proporzionati alle dimensioni dell’evento.
Ma quali sono le implicazioni legali, in particolare in tema di disciplina pubblicitaria, di tutto ciò?
Parlando di Golden Globe o Oscar è ragionevole chiedersi se tali condotte non violino, ad esempio, le disposizioni del Federal Trade Commission Act.
Per quanto riguarda l’acqua Fiji il problema non si pone. La Fiji Water, infatti, era sponsor della serata e tale circostanza è stata esplicitamente rivelata; i “photobomb” della signorina Kelleth Cuthbert, la modella di blu vestita che porgeva le iconiche bottigliette con decorazione tropicale, erano infatti autorizzati e pagati.
Non altrettanto esplicito è il rapporto tra le star e i brand che indossavano.
Le linee guida dell’FTC Act stabiliscono che le sponsorizzazioni – che sono il frutto di una collaborazione tra il personaggio famoso e il marchio rappresentato – sono violazioni se non sono adeguatamente divulgate. Tuttavia, a fronte di un principio relativamente ragionevole, nella pratica tale divulgazione può essere impossibile o, quantomeno, molto difficile.
Da un lato, se le foto vengono pubblicate da parte di giornali, l’onere di rendere noto il rapporto commerciale tra brand e celebrity non può certo ricadere sul giornalista o sulla testata; né, d’altro canto, si può pretendere che l’attrice o cantante di turno sfili sul tappeto rosso tenendo in mano un cartello in cui campeggia la scritta “advertisement”.
Se invece si tratta di apparizioni televisive, l’obbligo di disclosure può essere alquanto difficile da mettere in atto, in particolare nel caso di brevissime interviste come quelle fatte sul tappeto rosso.
In sostanza, pur in presenza di un contesto normativo che tiene conto di evoluzioni anche recenti delle dinamiche della comunicazione pubblicitaria, l’applicazione di particolari oneri di divulgazione è comunque complessa, se non proprio impossibile.
Prova di tale difficoltà è il fatto che, a fronte di centinaia, se non migliaia di casi di pratiche potenzialmente ingannevoli come quelle sopra descritte, non è noto alcun provvedimento della Federal Trade Commission, in applicazione del FTC Act, che abbia sanzionato artisti o brand per tali condotte.
Il discorso non cambia se Lady Gaga, sempre in Valentino Couture, piuttosto che sfilare sul red carpet, sbarca in laguna a Venezia per la Mostra internazionale d’arte cinematografica; le disposizioni nazionali e comunitarie in materia impongono ugualmente l’obbligo di divulgare l’esistenza di un rapporto tra la celebrity e il brand e, anch’esse, si scontrano con le stesse difficoltà pratiche che sorgono negli Stati Uniti.
La soluzione al problema potrebbe essere la previsione di una “blanket disclosure” per tali eventi, spostando l’onere di rivelare la natura pubblicitaria di qualsiasi cosa appaia sullo schermo su chi organizza o trasmette l’evento. Tale soluzione, tuttavia, sarebbe iniqua nei confronti di chi partecipa agli eventi indossando i propri vestiti ed i propri gioielli e non desidera essere associato a queste dinamiche commerciali.
D’altro lato, se l’adempimento dell’onere di divulgare l’esistenza di un rapporto tra la celebrity e il brand in tali occasioni è complesso, e altrettanto difficile è l’applicazione di provvedimenti contro chi non adempie, tale onere sussiste comunque ed è bene che i titolari di marchi che utilizzano questi strumenti di marketing, prestino particolare attenzione.
Sarà quindi opportuno accertarsi che il personaggio pubblico a cui si regala o presta l’abito (o gli accessori), o che viene pagato per indossarli in un evento pubblico, non manchi di divulgare la natura commerciale del rapporto che lo lega al brand, quando pubblica sui propri social le foto della serata.
Uguale cura si dovrà avere nei confronti degli stylist, vere e proprie eminenze grigie di questo mercato di abiti e gioielli da gran galà, che con gli anni stanno diventando essi stessi dei personaggi famosi. Due nomi tra tanti, Brandon Maxwell (500.000 follower su Instagram e giudice del programma televisivo di successo Project Runway) e Brad Goreski (anch’esso con più di 500.000 follower su Instagram ed un reality sulla sua vita privata).
Anche gli stylist, che spesso ricevono importanti compensi per convincere i personaggi famosi di cui curano il look ad indossare un determinato abito, dovranno rivelare l’esistenza di rapporti con le aziende che scelgono.
Tali accorgimenti, pur non risolvendo il problema alla radice, eviteranno che una condotta sanzionabile con difficoltà diventi una condotta molto più facile da perseguire, riducendo il rischio di provvedimenti da parte delle Autorità competenti.
© BUGNION S.p.A. – Gennaio 2019