Autore: Patrizia Persi

Articolo pubblicato in Bugnion News n.32 (Gennaio 2019)

Ai tempi di Carosello, il simbolo della tazzina di caffè era l’Omino coi Baffi, che raccontava le sue storie e concludeva con “eh sì sì sì… sembra facile… * qui ci vuole un buon caffè, me lo faccio da per me!” per promuovere la Moka Bialetti.

Caffè in polvere, caffettiera Moka in alluminio, qualche minuto di attesa, caffè nero bollente: questo è stato per decenni il rito del caffè nelle case degli Italiani.

Adesso, invece, abbiamo lui, George. Proprio lui, George Clooney che, anche con l’armatura, sorseggia a metà giornata il suo caffè da capsula Nespresso recitando il suo “what else!”.

Ed il rito della Moka dell’Omino coi Baffi sta pian piano scomparendo, con la sempre maggiore diffusione delle capsule di George.

Una capsula monouso, anche di più gusti diversi, una macchina di dimensioni contenute che riceve la capsula, la semplicità d’uso della macchina oltre che i pochi secondi necessari per avere un’erogazione di caffè: questi sono stati i fattori chiave che hanno fatto crescere nel tempo l’utilizzo di caffè in capsule ed hanno diffuso sempre più nelle case degli italiani le capsule caffè e le macchine da caffè in capsula.

Ma da dove nasce l’abitudine degli italiani alla tazzina di caffè espresso e quale tecnologia si nasconde dietro alla tazzina di caffè?

Il caffè espresso, a casa o al bar, pensiamo che sia esistito da sempre ma in realtà non è così perché fu inventato ad inizio ’900. Grazie ad Espacenet©, banca dati con copertura mondiale che consente accesso libero alle informazioni mondiali brevettuali dal 1836 ad oggi, siamo in grado di vedere l’evoluzione tecnica nel mondo caffè, dalla prima erogazione da una macchina di caffè espresso fino alle capsule.

La macchina da caffè espresso fu inventata da Luigi Bezzera ad inizio ’900. Bezzera ottenne ad Aprile 1903 il brevetto US 726, 793 riguardante una macchina per ottenere caffè espresso in cui dall’acqua contenuta in un serbatoio riscaldato, alimentato da un bruciatore a gas, veniva prodotto vapore e quest’ultimo era alimentato ad una uscita di erogazione controllata a leva, comprendente un alloggiamento estraibile dotato di un fondo perforato, il quale era destinato a ricevere caffè in polvere. Al termine della erogazione, l’alloggiamento poteva essere rimosso e sostituito con un altro: ecco che, diversamente da quanto accadeva in precedenza, il caffè veniva prodotto solo al momento della richiesta e nella quantità desiderata.

 

 

 

 

 

 

Questa stessa idea fu poi perfezionata da Pier Teresio Arduino nel 1914, che brevettò la macchina da caffè espresso a caldaia. Sorprendentemente, il porta caffè che troviamo anche oggi nelle macchine moderne è già presente nel brevetto GB 1014 di Arduino del 1914.

 

 

 

 

 

 

 

Se le macchine da caffè espresso di Bezzera ed Arduino estraevano il caffè tramite il vapore, occorre arrivare al 1952 per la macchina da caffè espresso che è arrivata, quantomeno nei principi tecnici generali, fino ai giorni nostri. Il merito va ad Achille Gaggia, che nel 1946 brevettò l’utilizzo di acqua calda in pressione per estrarre il caffè espresso dalla polvere di caffè. Nasce il caffè “crema” e, con esso, le macchine da caffè espresso moderne, nelle quali la leva ed il pistone tutelato da Achille Gaggia nel brevetto del 1946 sono ancora oggi visibili in tutti i bar del mondo.

Se Achille Gaggia ha inventato l’espresso da bar, come dicevamo, Alfonso Bialetti ha portato l’espresso nelle case degli italiani inventando la Moka, brevettata nel 1956. Anche se il brevetto di Bialetti del 1956 non è disponibile in Espacenet, la Moka perfezionata allo scopo di un migliore controllo della temperatura di estrazione del caffè è visibile nel brevetto FR1472998 di Bialetti del 1965.

Bialetti aveva immaginato una Moka comprendente un contenitore intermedio per fare in modo che l’acqua in ebollizione fosse alimentata al filtro contenente caffè solo dopo il passaggio attraverso di esso ed evitare così di estrarre il caffè con acqua a 100°. Questo perfezionamento da lui brevettato non si è mai diffuso commercialmente ma rimane interessante notare che, a parte il contenitore intermedio, la forma esterna della caffettiera e del filtro è  rimasta invariata da allora.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come si è arrivati dalla Moka alla capsula di George e come funziona l’estrazione di caffè da una capsula?

Anche se esistevano già varie proposte per erogare caffè da una capsula, Nestlè propone con il brevetto EP0512470 nel 1992 una capsula caffè in cui la capsula presenta una faccia piatta di estrazione destinata ad erogare caffè attraverso di essa. Nasce così la capsula Nespresso. Quando acqua ed aria in pressione a pressione elevata sono iniettate nella capsula, la faccia di estrazione della capsula si deforma contro una superficie a rilievi della macchina, la faccia di estrazione si lacera contro tali rilievi creando aperture, e così il caffè può fluire attraverso tali aperture.

I rilievi della macchina per bevande sono a forma piramidale a base quadrata ed ecco perché troviamo aperture quadrate dopo aver consumato un caffè Nespresso.

Anche se la forma della capsula mostrata nel brevetto Nestlè del 1992 è troncoconica mentre quelle attualmente in commercio sono più arrotondate, il principio su cui si basa l’estrazione del caffè è rimasto invariato fino ad oggi.

 

 

 

 

 

 

Nestlè ha potuto commercializzare in esclusiva le sue capsule Nespresso fino al 2012, essendo 20 anni la durata massima brevettuale, ma dal 2012 è stato possibile a tutti utilizzare la tecnologia mostrata dal brevetto Nestlè.

Dal 2012, il mercato si è aperto a più produttori e adesso si possono trovare in vendita capsule di tutti i tipi: in plastica oppure in alluminio, compostabili oppure riciclabili, delle torrefazioni più diverse. In pochi anni, le capsule compatibili Nespresso hanno invaso il mercato facendo concorrenza alle capsule Nespresso e rubando a Nestlè quote di mercato.

Ma Nestlè, dal 1992 ad oggi, non è rimasta a guardare. Ha continuato ad investire in brevetti creando una divisione, la Nestec, dedicata al caffè ed ha anche modificato nel tempo la sua capsula e la sua macchina di erogazione di bevande per continuare a rafforzare il suo regime di monopolio commerciale cercando di mettere in difficoltà i produttori di capsule compatibili.

La battaglia tra Nestec e gli altri produttori di capsule compatibili, simbolicamente ben rappresentata da George Clooney in armatura, è già in corso.

George, per ora, ha vinto sull’Omino coi Baffi ed è sicuramente in vantaggio su tutti gli altri concorrenti di capsule compatibili, ma vedremo come andrà a finire.

 

© BUGNION S.p.A. – Gennaio 2019