Articolo pubblicato in Bugnion News n.32 (Gennaio 2019)

«Who’s She?» è la versione moderna dell’originario gioco “Indovina Chi?”, di cui costituisce una rivisitazione in chiave del tutto femminile.

La sua ideatrice, Zuzanna Kozerska-Girard, ha voluto mantenere intatta l’idea di fondo del gioco originario, modificandone però le regole, sebbene indirettamente. Infatti, come nella versione storica, ciascun giocatore deve riuscire ad individuare quale sia il personaggio prescelto dall’avversario con una serie di domande mirate. Nella versione attuale, peraltro, i personaggi non sono più i comuni Peter, Susan o Mark, bensì donne che si sono distinte nei rispettivi settori di appartenenza, con particolare riferimento a coloro che sono diventate celebri in ambiti tradizionalmente meno femminili (es. scienza, politica, automobilismo, etc.).

Così, per sconfiggere l’avversario non si potranno più formulare domande basate sull’aspetto fisico (es. “Ha i capelli rossi?”, “Ha gli occhiali?”, etc.), bensì sulla particolare impresa per cui la protagonista si è distinta nel corso della sua vita.

«Who’s She?» ci fornisce l’occasione per approfondire le modalità con cui tutelare la proprietà intellettuale della categoria dei giochi, di cui fanno parte senz’altro i videogames, le giostre, i giochi da tavola, i giochi di società etc.

È proprio attraverso questa tutela, invero, che si possono prevenire le usurpazioni da parte di terzi del vantaggio competitivo derivante dall’originalità del proprio prodotto ludico.

A tal proposito, si evidenzia che la prima e più efficace forma di tutela potrebbe interessare tutte quelle parti materiali del gioco che costituiscono valide invenzioni, poiché in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa vigente in materia (novità, attività inventiva ed industrialità). A titolo esemplificativo, si pensi a: piano di gioco, strumenti ed accessori ad esso funzionali, meccanismi che permettono il funzionamento di eventuali parti mobili, etc. Esse potrebbero essere oggetto di brevetto, il quale garantisce un diritto di esclusiva sulla relativa invenzione e al contempo protegge da eventuali utilizzi non autorizzati (compresa la commercializzazione) nei Paesi in cui esso è stato esteso dalla data di deposito della domanda di concessione.

Si aggiunge poi che, in virtù del principio della novità assoluta, i terzi eventualmente intenzionati alla commercializzazione del gioco, sebbene autorizzati a farlo nelle nazioni non coperte dal brevetto, non potranno ottenere tutela brevettuale a loro nome in alcun territorio e, quindi, rivendicare un diritto di esclusiva sul gioco stesso.

Inoltre, qualora l’aspetto esterno del prodotto o dei suoi componenti (si pensi, ad esempio, ad una giostra, uno scivolo, una struttura impiegata in un parco divertimenti, un tabellone, etc.) sia dotato di una funzione estetica ed, in particolare, di carattere individuale, esso potrebbe essere suscettibile di una protezione come design.

Se si tratta di un design registrato nazionale italiano o comunitario, esso garantirà un diritto di esclusiva per 5 anni dalla data di presentazione della domanda di registrazione, rinnovabile fino a un massimo di 25 anni. In caso di design comunitario non registrato, invece, esso avrà una durata di 3 anni dalla data in cui il prodotto di design è stato divulgato al pubblico per la prima volta all’interno dell’Unione Europea: tale termine però non è rinnovabile. A tal proposito, si precisa che il titolare di un design registrato ha il diritto esclusivo di impedirne ogni imitazione, anche non intenzionale, mentre il titolare di un design non registrato ha il diritto esclusivo di impedirne soltanto la copia intenzionale.

La forma esterna del gioco o dei suoi componenti potrebbe costituire altresì un’opera creativa proteggibile attraverso il copyright. Lo stesso vale per il regolamento ed il manuale d’istruzione ad esso inerenti.

Sarà sufficiente effettuare il deposito di tali opere presso il registro “Opere inedite” della SIAE per acquisire una protezione contro il loro plagio. Attraverso tale servizio, infatti, chi deposita ottiene una prova dell’esistenza dell’opera con data certa, che è quella del suo deposito presso la SIAE. La tutela vale per 5 anni e può essere rinnovata alla scadenza per un uguale periodo.

Qualora, come nel caso di “Who’s She”, il divertimento costituisca una modifica o un riadattamento di un’altra opera preesistente di cui mantiene il nucleo originale, ma sia dotato al contempo di una creatività sufficiente a ritenerlo autonomo, si parla di “opera derivata”. In base alla legislazione vigente, all’autore di detta creazione devono essere riconosciuti diritti di copyright sulla relativa elaborazione, fermi restando i diritti di esclusiva sull’opera originaria del corrispondente autore tra i quali, ricordiamo, è incluso il diritto morale all’integrità.

A proposito di tutela da copyright, meritano una particolare menzione i videogiochi.

Del videogioco fanno parte, solitamente, opere di per sé autonome di diverso genere e specie quali: elementi audiovisivi (suoni, immagini, video), testi, sceneggiature e software. Quest’ultimo consente l’integrazione fra loro di testi, suoni, immagini statiche o in movimento e agli utenti di interagire con tali diversi elementi.

In Italia, allo stato attuale, non sussiste alcuna disposizione specifica a regolamentare la tutela autorale applicata al videogioco. Peraltro, la dottrina e la giurisprudenza rilevanti hanno contribuito a colmare tali persistenti lacune normative.[1]

Secondo esponenti autorevoli e maggioritari, che hanno tenuto conto delle caratteristiche del videogioco moderno, esso è qualificabile come un’opera multimediale e, più specificamente, un’opera collettiva in quanto costituita dalla riunione di opere o parti di opere, frutto del contributo creativo di più autori indipendenti, ma avente il carattere di creazione autonoma. Essa è il risultato della scelta e del coordinamento ad un determinato fine (ludico) e “protetta come opera originale indipendentemente e senza pregiudizio dei diritti di autore sulle opere o sulle parti di opere di cui è composta”.

Le autorità giudicanti, dopo un’iniziale ed ormai superata definizione del videogioco quale gadget atto a liberare dalla noia le persone inattive o come opera audiovisiva, hanno sancito definitivamente la sua riconducibilità all’opera multimediale, confermando gli orientamenti maggioritari in dottrina: “In altri termini, i videogiochi impiegano un software e non possono essere confusi con esso. Appare, dunque, corretta la definizione che una parte della dottrina ha dato dei “videogiochi” come opere complesse e “multimediali”: vere e proprie opere d’ingegno meritevoli di specifica tutela anche sotto la formulazione dell’art. 171-ter, lett d) nella formulazione in vigore all’epoca dei fatti.” (Cassazione penale Sez. III, Sent. 25/05/2007, n. 33768).

Alla luce di quanto sopra, occorre identificare due livelli creativi a cui corrispondono due distinte categorie di soggetti titolari di diritti di copyright, nella loro duplice configurazione di diritti morali[2] e patrimoniali[3]

a) Realizzazione dei singoli contributi materiali che compongono il videogioco (suoni, immagini, software, etc.): ciascun autore godrà dei diritti d’autore sulle rispettive opere individuali (Art. 38 L.d.A.);

b) Scelta e coordinamento dei contributi individuali, organizzazione e direzione della creazione dell’opera: l’editore del videogioco, organizza e dirige la creazione dell’opera e ne è al contempo autore. Quindi, è anch’esso titolare dei diritti d’autore sull’opera finale (art 7 L.d.A.).

Infine, occorre prendere in considerazione la possibilità di registrare il marchio impiegato per contraddistinguere il gioco, meglio ancora se costituito da un segno denominativo o figurativo accattivante, in grado di catturare l’attenzione del consumatore medio, molto spesso rappresentato dal pubblico dei bambini.

A tal proposito, si segnala che l’appeal del gioco sul pubblico degli acquirenti potrebbe essere incrementato grazie a partnership con titolari di marchi celebri. Oggi, ad esempio, accade di sovente che si sviluppino rapporti di co-branding con i titolari dei marchi associati a personaggi del mondo delle favole o dei cartoni animati.

In tal caso, si rende necessaria una regolamentazione contrattuale di detto rapporto giuridico, con particolare attenzione alla disciplina degli aspetti di proprietà intellettuale interessati, al fine di garantire una corretta promozione del gioco ed una sua proficua commercializzazione.

 

[1] Peraltro, è possibile individuare alcuni riferimenti indiretti al videogioco, ad esempio, interpretando estensivamente l’articolo 173-ter L.d.A., norma di natura penale che disciplina lo specifico reato compiuto su una “sequenza di immagini in movimento”. Un riferimento meno implicito lo si individua, inoltre, nell’articolo 181-bis L.d.A., il quale stabilisce che la Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE) appone un contrassegno su ogni “supporto contenente programmi per elaboratore o multimediali”. Il contrassegno, pertanto, pertanto, come confermato da successivi interventi legislativi, potrà essere apposto anche sui supporti contenenti videogiochi.

[2] Diritti esclusivi posti a tutela della personalità dell’autore, indisponibili e, quindi, inalienabili, imprescrittibili e irrinunciabili. Essi si esplicano nella facoltà di: rivendicare la paternità dell’opera; decidere se e quando pubblicare l’opera (diritto di inedito); opporsi a qualsiasi sua deformazione, modifica e qualsiasi atto a danno della stessa (diritto all’integrità dell’opera); ritirare l’opera dal commercio in caso di ragioni morali, comprese quelle etiche e religiose (diritto di pentimento).

[3] Diritti esclusivi disponibili, quindi rinunciabili e trasferibili, che si sviluppano, a titolo esemplificativo, nelle seguenti facoltà: pubblicazione, riproduzione, trascrizione, esecuzione, elaborazione e modificazione, comunicazione al pubblico, utilizzazione economica dell’opera etc.

 

 

 © BUGNION S.p.A. – Gennaio 2019