Articolo pubblicato in Bugnion News n.33 (Marzo 2019)

Il Tribunale dell’Unione Europea ha ribaltato le sorti fino ad ora non rosee, del marchio complesso “CHIARA FERRAGNI” con argomentazioni non sempre condivisibili, ma nel complesso in linea con la normativa vigente e la giurisprudenza dominante.

La celebre fashion blogger si è ripresa la corona ed ha avuto la sua rivincita.  I dettagli qui di seguito.

Come molti fan auspicavano a seguito della pronuncia della Divisione d’Opposizione dell’EUIPO n.2594573 del 31.10.2016 con cui si rigettava la registrazione del Marchio dell’Unione Europea N.  014346795 del 09.07.2015 Chiara Ferragni” (figurativo) (per i dettagli della pronuncia si veda “CHARA FERRAGNI: SCACCO MATTO ALLA REGINA” in Bugnion News n.21consultabile al seguente link: https://www.bugnion.eu/it/chiara-ferragni-scacco-matto-alla-regina/), le sorti del marchio della celebre fashion blogger e trendsetter[1] sono cambiate.

L’impedimento era rappresentato dal marchio denominativo anteriore “Chiara”, registrato nel Benelux il 29 luglio 2015 con il n. 975272 per prodotti della classe 25. Per arrivare al riconoscimento della validità del marchio “Chiara Ferragni”, peraltro, si è dovuti passare dalla decisione della quarta Commissione di Ricorso dell’EUIPO che confermava la pronuncia della Divisione d’Opposizione sopra citata (v. decisione n. R224/2016-04 del 17.07.2017) rigettandone la registrazione per parte della classe 18 e per l’intera classe 25.

Tra le varie argomentazioni avanzate dall’EUIPO chiamato in prima facie ad esprimersi sul punto, si ricorda la circostanza secondo cui l’elemento verbale “chiara ferragni” avrebbe avuto un impatto sul consumatore più forte rispetto a quello figurativo rappresentato da un occhio stilizzato dalle lunghe ciglia. Conseguentemente, il marchio anteriore era considerato coincidere perfettamente con la parte iniziale dell’elemento dominante e distintivo del marchio richiesto.

Tale affermazione non teneva conto della particolare ed eccentrica stilizzazione grafica ed artistica dell’elemento figurativo contenuto nel segno contestato, né delle dimensioni e della sua posizione in alto al centro che lo pongono maggiormente in evidenza rispetto all’elemento denominativo.

Tali fattori, invece, sono stati rivalutati nella pronuncia della Quarta Sezione del Tribunale (T-647/17, 08.02.2019),[2] di cui tanto si è già scritto e parlato. Ci limiteremo, pertanto, ad esprimere le nostre osservazioni in merito.

Secondo l’autorità giudicante “Il carattere fortemente stilizzato, il colore, la posizione e le dimensioni dell’elemento figurativo saranno tali da distogliere l’attenzione del pubblico di riferimento dall’elemento denominativo, posto nella parte inferiore del marchio richiesto. I ricorrenti possono pertanto legittimamente sostenere, in sostanza, che l’elemento figurativo del marchio richiesto è almeno tanto distintivo quanto gli elementi denominativi di tale marchio, considerati nel loro insieme.”

Tale argomentazione, con la quale concordiamo, ha avuto sicuramente un peso non trascurabile nella pronuncia del Tribunale in favore della registrazione del marchio in esame.

Alcune perplessità, invece, sorgono in relazione all’analisi fonetica e concettuale condotta dal Tribunale, secondo cui: “Dal punto di vista fonetico, l’elemento di differenziazione “ferragni”, per la sua lunghezza, è foneticamente più importante rispetto all’elemento di somiglianza “chiara”, pur essendo posizionato dopo quest’ultimo. Pertanto, i due segni in conflitto presentano un grado di somiglianza fonetica ‘medio’ o addirittura ‘tenue’.”  Inoltre “[…], i due segni in conflitto sono diversi sotto il profilo concettuale, dato che il marchio richiesto identifica una determinata persona, mentre il marchio denominativo anteriore si riferisce soltanto a un nome senza individuare una persona specifica.”

A nostro modesto parere, per quanto concerne la comparazione dei segni dal punto di vista concettuale, ci si dovrebbe limitare ad una mera analisi della portata semantica dei vocaboli che costituiscono il marchio. In tal caso, la parola “Ferragni” risulta priva di significato. Ad ogni modo, considerando la funzione di cognome di detto vocabolo e, quindi, quella di specificare l’appartenenza di una persona ad una determinata famiglia, si rischia, al contrario di quanto sostenuto dall’autorità giudicante, di rafforzare il collegamento del marchio contestato con quello anteriore, con il quale condivide il comune riferimento alla persona denominata “Chiara”. Tra l’altro, tale aspetto potrebbe essere corroborato dalla consuetudine ormai consolidata per gli stilisti del settore fashion, di creare varie linee di abbigliamento denominando ciascuna di esse, adesso con il nome, adesso con il cognome, adesso con l’intero patronimico dello stilista stesso.

Segnaliamo che il nuovo titolare del marchio “Chiara Ferragni” (che per motivi a noi ignoti ed incomprensibili continuano a non coincidere con la celebre influencer!), ha eccepito l’assenza del rischio di confusione sulla base della preesistenza del marchio dell’Unione Europea anteriore n. 011841582 «Chiara Ferragni» depositato il 27 giugno 2013 e registrato il 10 ottobre 2013, che copre le stesse classi designate dal marchio richiesto.

Tuttavia, il giudice non si è pronunciato su questa circostanza proprio perché tale argomentazione avrebbe dovuto essere avanzata, piuttosto, alla base di un’azione di cancellazione nei confronti del marchio di controparte e non come motivo di impugnazione di una decisione di opposizione.

In conclusione, se globalmente considerata, la sentenza del Tribunale sembra maggiormente conforme alla normativa vigente e all’interpretazione che ne viene data dalla giurisprudenza consolidata in materia. Non dubitiamo, comunque, che la celebrità della trendsetter possa avere influito sulle sorti del suo marchio.

Peraltro, non tutti possono vantare patronimici così importanti ed il suggerimento è quello di adottare la dovuta accortezza nella gestione del proprio portafoglio marchi (ad esempio, non trasferendo a terzi la titolarità del marchio costituito dal proprio nome e cognome, a meno che non sussistano delle esigenze strategiche di fondo) e scegliere una valida assistenza legale in difesa dei propri diritti di proprietà industriale.

Il suggerimento è quello di prestare la dovuta attenzione nella scelta dell’assistenza legale, delle argomentazioni da avanzare nei procedimenti giudiziali ed amministrativi che hanno ad oggetto il proprio marchio e alle scelte strategiche nelle attività di enforcement, nonché di evitare un’assegnazione incontrollata della titolarità del proprio marchio patronimico a soggetti terzi. Con riferimento a quest’ultimo aspetto ci permettiamo di consigliare di mantenere sempre la titolarità del proprio marchio patronimico per poi, eventualmente, concederne l’uso in licenza a terzi tramite un contratto appositamente strutturato.

Per qualsiasi assistenza, non esitate a contattarci.

 

[1] Per approfondimenti sul tema dell’influencer marketing e del ruolo di infuencer e trendsetter, si invita a consultare il seguente articolo, pubblicato in Bugnion News n. 26 – Gennaio 2018, Elisabetta Guolo e Valentina Gazzarri

“PROMOZIONE DEL MARCHIO TRAMITE INFLUENCER E BLOGGER, MEGLIO DELLA SPADA LASER DI STAR WARS!”

https://www.bugnion.eu/it/promozione-del-marchio-tramite-influencer-e-blogger/

[2] Nel caso di specie, […] l’elemento figurativo del marchio richiesto è un disegno di fantasia rappresentante un occhio azzurro con lunghe ciglia nere. L’occhio è stilizzato in modo peculiare e può essere percepito dai consumatori come un elemento elaborato e originale, che sarebbe facilmente memorizzabile. Non può quindi essere descritto come un semplice elemento figurativo o come puramente decorativo. Inoltre, detto elemento figurativo non presenta alcun nesso con i prodotti delle classi 18 e 25 e non può essere considerato descrittivo di tali prodotti. Ne consegue che l’elemento figurativo è dotato di un carattere distintivo intrinseco, che sarà preso in considerazione dal consumatore medio.

In secondo luogo, l’elemento figurativo è posto al di sopra dell’elemento denominativo e le sue dimensioni all’interno del marchio richiesto superano notevolmente, in altezza, quelle dell’elemento denominativo. Pertanto, come fanno valere i ricorrenti, esso occupa in tale marchio una posizione almeno altrettanto importante che quella occupata dagli elementi denominativi.”

 

© BUGNION S.p.A. – Marzo 2019